A distanza di ben otto anni dal discusso Maps to the Stars (2014), David Cronenberg torna nel corso del 2022 alla regia con Crimes of the Future, mettendo fine a un'attesa mai così lunga in tutta la sua carriera per i tanti fan del cineasta canadese. Presentato in concorso al Festival di Cannes, senza però ricevere la Palma d'oro, il film riceve il plauso di gran parte della critica di settore, che ne sottolinea la prossimità verso la prima parte di carriere del regista, ma uno scarso ritorno economico, certamente dovuto alla limitata distribuzione in sala, persino negli Stati Uniti.
Ambientato in un non ben precisato futuro distopico, il racconto segue le vicende della coppia, sentimentale e lavorativa, composta da Saul (Viggo Mortensen) e Caprice (Léa Seydoux), divenuti celebri per delle performance artistiche in cui quest'ultima rimuove chirurgicamente degli organi in eccesso prodotti dal corpo del compagno come dei tumori. L'uomo viene successivamente coinvolto in un indagine governativa su un gruppo di presunti bio-terroristi che hanno modificato il proprio corpo per renderlo in grado di nutrirsi unicamente di plastica, tra i quali spicca Lang Dotrice (Scott Speedsman), che chiede al protagonista di effettuare un'autopsia sul figlio come nuovo happening, mostrando al mondo intero l'incredibile mutazione del ragazzino, anche lui divoratore di oggetti in plastica ma fin dalla nascita.
Molti hanno sottolineato come Crimes of the Future funga da compendio dell'intera filmografia cronenberghiana e ciò risulta effettivamente innegabile: il titolo è lo stesso di una delle sue prime opere, le macchine così simili ai lavori di Giger richiamano eXistenZ (1999), l'onnipresenza di schermi Videodrome (1983), la chirurgia Inseparabili (Dead Ringers, 1988) e così via. Questo potrebbe far pensare a un lavoro autoindulgente e desinato quasi unicamente ai cultori delle sue passate pellicole ma, in realtà, tutti questi riferimenti rivelano una dialettica di superamento di quanto fatto precedentemente, in completa sintonia con il concetto di superamento dei limiti del corpo umano al centro della narrazione. Certo il post-umanesimo non è nuovo alla poetica del regista canadese, eppure mai aveva lo aveva portato alle sue estreme conseguenze, sia teoretiche che estetiche: la scelta di ambientare il racconto in un tempo futuro di cui lo spettatore vede soltanto spazi vuoti e fatiscenti e di cui conosce, a livello politico e sociale, unicamente enti governativi dispotici e pervasivi, contrapposti a una sorta di resistenza formata da una versione post-umana di militanti ecologisti, arrivati a modificare il proprio organismo pur di salvare la Terra dall'inquinamento. Allo stesso modo i corpi di ciascun personaggio sembrano in totale disfacimento, non essendo più in grado di provare dolore o piacere e persino di nutrirsi senza enormi sforzi, resi possibili unicamente dal supporto di macchine dalle sembianze organiche, non a caso introdotte da un'inquadratura che sembra scaturire dall'immaginazione di Franz Kafka. Completamente smarrita in tale contesto di totale mutazione anestetizzante, l'umanità sembra trovare ancora un briciolo di spiritualità e di rapporto con i sensi unicamente nell'arte, a sua volta però strettamente connessa con le modificazioni dell'involucro e di ciò che contiene, come se soltanto arrivando al contatto diretto con l'interiorità fisica del nostro io sia ancora possibile provare una qualche forma di sentimento o piacere. Emblematica in tal senso è la sequenza in cui Caprice si lascia andare a una fellatio al compagno non rivolta verso i suoi genitali, bensì verso la fessura sul suo stomaco tramite cui può toccare direttamente con la bocca gli organi interni, confermando peraltro quanto affermato da un altro personaggio in seguito a una performance dei protagonisti, ossia che la chirurgia è il nuovo sesso.
Una frase provocatoria, anche nel citare con una certa ironia l'ormai iconico motto di Videodrome, che cela un ben più problematico e interessante legame tra chirurgia e sesso all'insegna della produzione artistica. Ecco che Cronenberg non solo inserisce all'interno della propria riflessione body-horror anche elementi provenienti dalla sua produzione post-2000, ma supera quanto già affermato in passato rendendo esplicita anche la trasformazione dell'idea di opera d'arte in concomitanza a quella antropologica, sociale e politica: i confini stessi tra cosa sia l'evento artistico, chi sia l'artista e se esista ancora un oggetto da contemplare sfumano fino a perdere ogni consistenza, tanto da portare l'ispettore che collabora con Saul a mettere in dubbio ogni singolo elemento dell'arte portata avanti da questi e dalla compagna, da chi sia difatti l'artista e in cosa consista questa presunta arte.
A partire proprio dall'espressione creativa Cronenberg mostra, attraverso una forma rigorosa e opprimente, privilegiante inquadrature strette e fisse, un processo in divenire cominciato già nel presente di totale mutazione del concetto stesso di umanità, in ogni sua sfaccettatura, rendendo Crimes of the Future un caso esemplare di fantascienza sociologica, in grado di aprire gli occhi sulla nostra realtà quotidiana tramite un futuro ipotetico che assume ogni anno contorni sempre più inquietantemente reali.