giovedì 11 agosto 2016

LIBERACI DAL MALE: LA COMMISTIONE DI GENERI NELL'HORROR POSTMODERNO


Nel 2014, reduce dal grande successo di pubblico e critica di Sinister (sì sono un po' fissato scusate) Scott Derrickson dirige e scrive insieme a Paul Harris Boardman Liberaci Dal Male (Deliver Us From Evil). Questa nuova prova del cineasta di Denver non può più puntare a essere una rivelazione come la precedente perché le aspettative nei suoi riguardi sono diventate molto (probabilmente anche troppo) alte da parte sia degli appassionati di cinema dell'orrore che della critica, alla stregua di ciò che accade a ogni nuova fatica di James Wan (Saw, 2004; Insidious, 2010; Furious 7; 2015), cosa che ha portato una buona parte sia dell'utenza a bocciare il lungometraggio nonostante alcuni spunti interessanti ed elementi ricorrenti della filmografia del regista.
Protagonista di Deliver Us From Evil è il poliziotto newyorkese Ralph Sarchie, interpretato da un ex beniamino di Hollywood come Eric Bana (Black Hawk Down di Ridley Scott, 2001; Hulk di Ang Lee, 2003; Troy di Wolfgang Petersen, 2004), un uomo che credeva di aver assistito a qualsiasi forma di espressione del male ma che suo malgrado si ritrova invischiato in una serie di casi collegati dalla figura inquietante e diabolica dell'ex marine Santino (Sean Harris). La disillusione e la perdita di fede dell'agente di origine italiana lo portano a negare la natura ultraterrena del nemico che deve affrontare ma in suo soccorso irrompe nella sua vita un prete tutt'altro che esemplare (Padre Mendoza, interpretato dall'ottimo Edgar Ramirez).

La premessa che apre il film è una di quelle più abusate dl genere horror degli ultimi decenni, ovvero l'ispirazione a fatti realmente accaduti, che però in questo caso risulta molto meno pretestuosa del solito visto che la fonte per il soggetto è il libro del vero Ralph Sarchie, Beware The Nights, in cui descrive le sue indagini ricche di elementi paranormali. Derrickson decide in realtà di creare una storia solo ispirata al libro e questo non può che farci capire quanto la lente d'ingrandimento del regista si focalizzi su ben altri aspetti rispetto alla veridicità o altre velleità tipiche della settima arte.
Scorrendo a ritroso la sua filmografia è impossibile non carpire la presenza fissa del tema della difficoltà odierna nel credere in Dio, credere nel suo amore quando si è circondati da tanta sofferenza e tanta brutalità. Sarchie dice esplicitamente di essere cattolico ("sono di origine italiana") ma dopo aver visto ogni notte le peggiori depravazioni che l'uomo possa compiere e soprattutto dopo il caso di un assassino di bambini da lui pestato fino alla morte smette di frequentare la Chiesa, nonostante moglie e figlia vadano a messa ogni domenica, e abbandona l'idea che l'amore del Signore possa essere presente sul pianeta. Gli orrori vissuti in prima persona ogni singola notte dall'uomo lo rendono anche distante dai suoi cari nel tentativo di proteggerli da questo stesso inconfessabile male. Persino la figura campione di moralità per eccellenza, il prete, è impersonata da un ispanico dal passato tormentato, fumatore e bevitore accanito e che proprio a causa degli errori compiuti tempo addietro rischia di soccombere agli inganni del demone all'interno di Santino.
Avrete capito quanto sia oscura la New York portata sugli schermi dalla pellicola e a sottolinearlo troviamo anche la fotografia e le musiche tetre del maestro Christopher Young. Proprio fotografia e colonna musica possono essere usati come esempi dell'elemento di maggior fascino e al contempo di rimpianto del film: la coesistenza al suo interno di elementi di generi diversi. Liberaci Dal Male inizia con una sequenza ambientata in Iraq che passa con disinvoltura dal war movie all'horror nel momento in cui le inquadrature da oggettive diventano soggettive del cinereporter del gruppo di marines. Una volta terminato l'incipit lo spettatore viene catapultato in un contesto completamente diverso, la metropoli notturna, bagnata dalla pioggia fitta e teatro del ritrovamento del cadavere di una bambina da parte del protagonista. Chiunque abbia una certa dimestichezza con il cinema soprattutto americano capisce di trovarsi in un contesto tipicamente thriller, o forse sarebbe quasi meglio definirlo neo-noir (pensate anche solo a Seven). La splendida fotografia sottolinea con i suoi toni oscuri questa vena del film eppure man mano che la figura di Santino si insinua nelle indagini di Sarchie le atmosfere diventano sempre più orrorifiche, con grande merito della colonna musica, fino a sfociare definitivamente nel filone demoniaco con il rito finale.

Come se non bastasse si possono chiaramente trovare elementi tipici di generi ancora diversi, come il rapporto tra il protagonista e il suo partner spaccone che ricordano molto i cosiddetti buddy movie in stile Arma Letale (Lethal Weapon; Richard Donner; 1987).

Purtroppo questo calderone allestito dal regista dell'imminente Doctor Strange non sempre è ben bilanciato e come hanno riscontrato molti critici la sezione thriller risulta più interessante e scevra di banalità rispetto a quella demoniaca (non si può certo dire che l'esorcismo a basa di latino sia una grossa novità in sala) ma rende il lungometraggio una di quelle gemme grezze che con affascinano pur con le loro imperfezioni.
In conclusione non potevo non citare uno degli elementi più misteriosi e gustosi allo stesso tempo di Deliver Us From Evil: l'uso delle canzoni dei Doors sia a livello diegetico che extra. Coloro che sono posseduti da Santino citano nei loro deliri versi scritti da Jim Morrison e anche il protagonista, dotato di un dono che gli permette di captare il male, spesso sente risuonare nella propria testa i brani della celeberrima band. Nessuna vera spiegazione viene fornita e quindi le teorie a tal proposito possono essere tante.
Fatemi sapere cosa ne pensate.