mercoledì 1 aprile 2020

ESP² - FENOMENI PARANORMALI: MOCKUMENTARY A SCATOLE CINESI

Probabilmente a causa della distanza cronologica ancora fin troppo breve che ci distanza da essa, l'ondata di mockumentary, ossia di film girati come se fossero documentari amatoriali, perlopiù horror esplosa in seguito all'exploit di Paranormal Activity (Oren Peli, 2007) viene solitamente relegata ai meandri critici della moda effimera. Un fenomeno utile solo a far entrare qualche soldo facile nelle tasche di produttori abbastanza furbi da saper cogliere l'attimo. Naturalmente sarebbe ingenuo negare l'importanza del lato pecuniario quando si parla di una tendenza (non solo cinematografica) ma è bene ricordare che senza delle analisi più attente, libere il più possibile dai facili pregiudizi appena accennati, oggi continueremmo a definire becere operazioni di marketing anche gli spaghetti western, i peplum o i new-horror. Per questo motivo credo che anche i mockumentary figli di Cannibal Holocaust (Ruggero Deodato, 1980) e The Blair Witch Project - Il mistero della strega di Blair (The Blair Witch Project, Eduardo Sanchez, Daniel Myrick, 1999) meritino una seconda chance e per questo oggi voglio porre all'attenzione ESP² - Fenomeni Paranormali (Grave Encounters 2), diretto da John Poliquin nel 2012. Arrivata probabilmente nel momento calante dell'ondata del suo filone, la pellicola non ha convinto la critica e ha incassato anche cifre minori rispetto al prequel, costato peraltro cifre nettamente inferiori. Nonostante ciò ho trovato interessante questo sequel fin dalla prima visione e adesso proverò a spiegarvi perché.

Protagonista del lungometraggio è Alex Wright (Richard Harmon), studente di cinema che per crearsi un nome attraverso la rete gestisce anche un blog in cui recensisce film dell'orrore. Tra di essi vi è proprio il primo ESP - Fenomeni Paranormali (Grave Encounters, The Vicious Brothers, 2011), bollato con una sonora insufficienza. In risposta al piccato giudizio riservato a quest'ultimo, il ragazzo riceve da un misterioso utente chiamato DeathAwaits666 un video con quella che sembrerebbe una breve scena inedita dello stesso ESP. Alex inizia a provare una curiosità crescente per l'alone di mistero che circonda l'intera crew coinvolta nella produzione del film, a cominciare dagli attori, tutti morti i scomparsi, decidendo di mettere da parte le riprese della sua opera prima in favore di un documentario che sveli i retroscena di Grave Encounters. L'unico modo per concludere degnamente questo reportage sembra essere un incontro proprio con DeathAwaits666, organizzato dal protagonista e i suoi amici/collaboratori all'interno dell'ospedale psichiatrico in cui si erano svolte le vicende del prequel.

Come si evince anche dalla breve sinossi appena enunciata, appare evidente come ESP² sia ancor più strettamente connesso della maggioranza dei sequel cinematografici. Sfruttando l'alone di cult movie indipendente creatosi attorno al loro secondo lungometraggio, il duo noto come The Vicious Brothers, in questo caso solamente in veste di sceneggiatori, immaginano uno scenario in cui le pareti che separano la diegesi e il mondo reale si assottigliano fino a scomparire, dando vita a un cortocircuito tra mondo fattuale e finzione che porta la mente alla mise en abym di (Federico Fellini, 1963) e soprattutto Scream 3 (Wes Craven, 2000). Gli attori e tutti membri del cast coinvolti nel primo ESP diventano soggetti di morti cruente e reali, tutte occultate ad hoc come in un perfetto film maledetto, assimilabile, non a caso, all'idea che la sua geniale campagna pubblicitaria aveva offerto di The Blair Witch Project. Un altro fenomeno del mondo reale dunque entra a far parte della fiction, così come la concezione stessa del prequel come falso documentario, costituito dal montaggio di filmati ricavati dal sesto episodio di una presunto reality televisivo, finisce per divenire ulteriore elemento narrativo.

La pellicola diretta da Poliquin sfrutta, con notevole sagacia, tutti questi spunti metatestuali per creare una variazione nella formula rispetto al predecessore, giocando con le aspettative dello spettatore, e allo stesso tempo allestire una interessante riflessione sul genere horror e sul mockumentary in particolare. La maggioranza dei seguiti, specialmente nel filone dell'orrore, gioca la carta del "more of the same", ossia di una reiterazione, magari con maggior truculenza o uccisioni, dell'impianto narrativo alla base del prequel e per questo il regista americano devia notevolmente da questa strada, percorrendola in parte solamente nella seconda metà della sua opera, nel preciso momento in cui Alex e la sua troupe si trovano all'interno del set del primo Grave Encounters, con la consapevolezza che tutto ciò che vi accadeva corrispondeva alla realtà e l'obbiettivo di girare la sezione del loro documentario più vicina proprio a un horror. Da questo punto di vista è importante notare come il percorso psicologico e artistico del protagonista subisca una svolta decisiva. Inizialmente il giovane studente sogna di diventare un regista capace di riportare ai fasti di un tempo (cita proprio Craven, tanto per avvalorare molte delle tesi da me esposte) il cinema dell'orrore ma la passione per il mistero legato a ESP lo porta ad abbandonare il suo film horror per dedicare tutte le sue forze a un progetto d'inchiesta sul terribile complotto ordito dal produttore Shawn Angelski. Proprio nella sopracitata fase della narrazione l'aspirante director viene folgorato da una nuova idea, quella di donare al suo documentario, fino a quel momento reso inquietante "solamente" dalla gravità delle verità rivelate, una connotazione prettamente horror, trasformando insomma il documentario d'inchiesta (da Sundance lo definisce lo stesso protagonista) in un vero e proprio found footage nello stile coniato da Cannibal Holocaust. Il personaggio interpretato con buonissima aderenza psicologica da Richard Harmon si trova a questo punto a girare il vero sequel di Grave Encounters, all'interno di quello che noi spettatori del mondo al di là della quarta parete interpretiamo come Grave Encouters 2, e nel farlo ovviamente finisce per riutilizzare gran parte degli elementi del film precedente, comprese molte inquadrature. Almeno fino a quando una svolta narrativa che preferisco non esplicitare non porta l'opera di Poliquin ad accentuare la traccia esoterica sottesa al predecessore, così da offrire al pubblico una variabile di genere in più e al suo protagonista un input per la sua definitiva trasformazione nel regista di un sequel del quale esegue quasi solamente le direttive del vero autore, lo sceneggiatore. Allo stesso modo in cui Poliquin dirige uno script dei veri demiurghi della saga, i The Vicious Brothers, Alex porterà a termine il suo mockumentary filmando tutto ciò che gli viene dettato dal volere dell'entità infernale che risiede all'interno dell'ospedale psichiatrico.

Un finale, estremamente cinico verso l'essenza stessa dell'industria hollywoodiana, che eleva all'ennesima potenza la struttura a scatole cinesi di ESP² - Fenomeni Paranormali, rendendolo un esperimento metacinematografico più interessante del prequel e da riscoprire, anche per molti recensori che, esattamente come aveva fatto il protagonista con il primo ESP, lo avevano liquidato con giudizi ingenerosi.