martedì 21 giugno 2022

VENDICAMI: JOHNNIE TO TRA ESCHILO E NEO-NOIR

Erede di quell'heroic bloodshed inaugurato nel corso degli anni Ottanta da John Woo con il seminale A Better Tomorrow, Johnnie To rappresenta ormai da almeno due decenni una certezza all'interno del cinema di genere, al punto da aver assurto ormai la considerazione di auteur persino dai più prestigiosi festival internazionali. Proprio in concorso al Festival di Cannes del 2009 il cineasta di Hong Kong presenta Vendicami (Fuk Sau in originale cantonese), sua prima produzione internazionale con cast e location in buona parte francesi. Il film ottiene ottimi riscontri dalla critica e persino un discreto successo al botteghino, considerano la distribuzione limitata all'on-demand negli Stati Uniti, permettendo a un più ampio pubblico di avvicinarsi all'opera di un maestro ancora non così popolare nel Vecchio continente.

Protagonista della pellicola è François Costello (Johnny Hallyday), uno chef la cui famiglia è stata decimata dall'attacco di alcuni sicari, che hanno lasciato in vita, seppur in gravissime condizioni, soltanto la figlia. Deciso a vendicarsi a ogni costo, l'uomo assolda alcuni killer professionisti a Hong Kong per scoprire l'identità degli assassini e del mandante della strage per poi restituirgli il favore. La già complessa missione viene però resa ancor più difficile dalle condizioni di salute del protagonista, la cui memoria peggiora gravemente giorno dopo giorno.


Persino da questa sintetica sinossi appare chiara la ben riconosciuta affinità tra Vendicami e Memento (Christopher Nolan, 2000): due uomini comuni che si trasformano in angeli vendicativi dopo aver perso ciò che amavano di più, nonostante delle peculiari forme di amnesia ne rallentino il raggiungimento dei propri scopi. I punti in comune però finiscono qui, riducendosi dunque alla più basica fase di creazione del soggetto, poiché per quanto concerne scrittura, estetica e poetica To e Nolan seguono binari completamente diversi, se non nella comune ispirazione a una delle più antiche forme di rappresentazione di sé a oggi conosciute: la tragedia attica. In entrambi i casi la perdita di memoria non può non richiamare alla mente la dialettica tra la strenua volontà dell'eroe e l'ineluttabilità di un fato avverso tipici delle opere di Eschilo, Sofocle ed Euripide, con in particolare il primo a configurarsi come vero e proprio paradigma per questo tipo di racconto. Costello, seppur motivato da sentimenti fin troppo comprensibili per qualunque essere umano, intraprende una strada eticamente e filosoficamente destinata fin da subito a una rovinosa caduta. La vendetta nasce epistemologicamente come impresa fallimentare per eccellenza, in quanto causata da una perdita che nessuna forza naturale può restituire e, cristianamente parlando, da una proiezione dell'io del vendicatore verso gli stessi peccati commessi dall'oggetto dell'atto di ritorsione. Come un novello Oreste di eschilea memoria, lo chef non può realmente pensare di non dover pagare un prezzo altissimo per restituire il torto subito ai killer prezzolati che hanno ucciso suo genero e i nipoti, eppure sceglie stoicamente di perseguire l'unico obiettivo rimastogli, nonostante sua figlia (il cui destino viene lasciato in sospeso) sia ancora in vita. 

Neanche la crescente precarietà della propria memoria riesce a bloccare il meccanismo in atto ed è a questo punto che ritorna un punto di contatto con il capolavoro nolaniano: ha davvero senso l'azione dell'uomo nel momento in cui neanche ricorda ciò che deve fare e perché? Se la vendetta consiste in una reazione uguale a un abuso subito, come può essere perpetrata se non esiste più traccia di quello stesso atto? Da queste domande il regista inglese opera una analisi sulle possibilità del cinema di mettere in scena i meccanismi intellettivo-emozionali di un uomo dall'io totalmente frantumato, To d'altro canto resta fedele al proprio stile all'insegna della dialettica tra violenza e lirismo per rappresentare la completa futilità della vendetta. Giocando sul contrasto tra le splendide coreografie delle scene d'azione, con la danza di pistole e proiettili ereditata dal già citato John Woo, e momenti di pura pace con i bambini di un'amica dei killer assoldati dal protagonista, il regista sottolinea proprio la totale assenza di qualunque prospettiva di appagamento nell'atto vendicativo. La perdita di memoria diventa dunque non un handicap, un ostacolo alla riuscita di un piano ben elaborato, bensì una condizione di alterità che permette a Costello di vivere in una sorta di bolla paradisiaca, dove non esiste il dolore passato ma solamente un eterno presente fatto di tranquillità e affetto sincero. Non a caso da questa dimensione quasi eterea sembrano esclusi gli uomini, la cui bestialità hobbesiana li condanna a un'eterna infelicità.

Pur non riuscendo a raggiungere i vertici della filmografia di To, Vendicami resta un neo-noir insitamente tragico, in cui le dilatazioni temporali tipiche dello stile dell'autore di Hong Kong ricordano allo spettatore quanto inconcludente sia l'uso della violenza, persino per le più nobili delle motivazioni.