venerdì 8 dicembre 2023

NAPOLEON: IL CREPUSCOLO DEGLI DEI DELLA STORIA TRADIZIONALE

Nei non rari momenti di crisi del cinema, in particolare nella sua accezione più legata alla sala, spesso Hollywood si è aggrappata alla spettacolarità sensoriale delle grandi produzioni, quelle possono mettere in evidenza la differenza rispetto a esperienze casalinghe come la televisione, l'home video o lo streaming sui dispositivi smart. Al centro di queste campagne vi erano sempre stati i cosiddetti kolossal, pellicole enormi da ogni punto di vista e spesso di ambientazione storica o mitologica. Oggi, pur vivendo uno dei suddetti periodi di stanca del grande schermo, queste opere sembrano non solo aver perso il ruolo tradizionalmente assegnatole dagli studios, ma addirittura zoppicano ben più di altri generi o filoni, relegate sovente a sparute eccezioni o alla serialità. Chi, invece, continua strenuamente ad affollare le sale con questo tipo di produzioni è Ridley Scott, la cui floridissima filmografia annovera capisaldi contemporanei come Il gladiatore (Gladiator, 2000) e Le crociate (Kingdom of Heaven, 2005) e che quest'anno porta in sala Napoleon, biopic sul celeberrimo imperatore. Un'operazione rischiosissima, finanziata da un altro colosso come Apple, che, come facilmente preventivabile, sta dividendo nettamente sia critica che pubblico, equamente distribuiti tra apprezzamenti anche prestigiosi e opinioni estremamente negative, soprattutto in Francia.


Il lungometraggio percorre gran parte della vita politica e privata di Bonaparte (Joaquin Phoenix), alternando le più celebri imprese militari, a partire dalla presa di Tolone da giovane comandante nel pieno del Terrore giacobino, all'esplorazione dell'uomo dietro la leggenda, specie per quanto concerne la relazione con Giuseppina (Vanessa Kirby), la perso a cui si lega maggiormente, persino dopo il divorzio ottenuto per generare un erede.


Considerando la fama del protagonista e il tipo di produzione, un blockbuster da quasi 200 milioni di dollari, probabilmente la maggioranza degli spettatori si sarebbe aspettata da Napoleon un biopic classico, elevato rispetto alla media dalla messinscena delle battaglie campali. Scott invece, seppur artefice del ritorno in auge di quel tipo di cinema agli albori del terzo millennio, dirige un'opera molto più coraggiosa e personale, dove il conquistatore còrso viene spogliato di tutta l'aura mitica nata da un'abile operazione propagandistica (si pensi in tal senso ai dipinti di Jacques-Luis David) o semplicemente dalla storiografia tradizionale basata sulle epopee di sovrani e papi, divenendo sì un simbolo ma della banalità del male che inevitabilmente caratterizza il potere. Il cineasta britannico non disdegna di mostrare le uniche capacità da stratega militare di Napoleone, così come il carisma che suscita nei soldati o nel popolo più umile, ma al tempo stesso ne mette in risalto anche fragilità, a cominciare dalle difficoltà nella diplomazia o nei rapporti sociali in toto, e soprattutto la fin troppo umana ossessione per una donna, la sua imperatrice, nella più personale accezione del termine. Giuseppina, magistralmente interpretata da Vanessa Kirby, viene ritratta come il perfetto contraltare del consorte: tanto raffinata e libertina lei, quanto rozzo e manipolatore lui e forse proprio a causa di tale complementarietà entrano in una spirale emotivamente tossica per cui, nonostante i reciproci torti, schiaffi (non solo figurati) e violenze psicologiche, finiscono per non poter fare a meno dell'altro. Persino ogni grande evento della irripetibile ascesa e caduta politica di Bonaparte trova la sua vera ragion d'essere nella relazione con la vedova de Beauharnais, come quando l'allora generale diserta la campagna egizia pur di tornare in patria e affrontare i tradimenti della moglie. 


Da questo punto di vista Scott forse pecca non di sfrontatezza, bensì di un pizzico di conservatorismo, poiché a mio avviso una enfasi ancora maggiore su questo lato demistificatorio della Storia e sul sovvertimento dei tradizionali ruoli di forza tra i sessi avrebbe ottenuto un risultato ancora più importante, sia per la carriera del regista che per il blockbuster in generale. L'inserimento di numerose sequenze dedicate alle più famose battaglie vinte o perse dal condottiero, infatti, appare come un tentativo di tenere comunque il piede anche nella scarpa del kolossal hollywoodiano più classico, sebbene vada sottolineato come questa scarpa sia di una fattura straordinaria. Per composizione delle inquadrature, utilizzo di luci e ombre, montaggio sonoro e generale potenza immaginifica lo spettacolo offerto da questi momenti, specialmente la battaglia di Austerlitz, l'autore di Blade Runner (1982) dimostra ancora una volta la netta differenza tra un autore con una precisa visione in primis estetica della settima arte rispetto alla masnada di aspiranti cineasti che imperversa nel panorama ad alto budget attuale, dove risulta davvero riconoscere la mano di uno rispetto agli altri. 

Seppur imperfetto e in parte incapace di prendere pienamente la strada dell'unicità, Napoleon risulta un enorme spettacolo visivo, tramite cui viene messo alla berlina il potere in tutte le sue emanazioni, che diventa ancor più crudele e pericoloso quando mitizzato, come vorrebbero molti di quegli spettatori indignati dalla visione di un grande condottiero incapace di soddisfare sessualmente sua moglie.

Nessun commento:

Posta un commento