mercoledì 19 dicembre 2018

A' L'INTERIEUR: UN INCUBO CHIAMATO VIOLAZIONE

Agli albori del terzo millennio, nel pieno del successo planetario di film ricchi di momenti di violenza esplicita quali Saw (James Wan, 2004) e Hostel (Eli Roth, 2005), anche il vecchio continente viene invaso da una orda di prodotti ancora più eterogenei ma comunque accomunati dalla medesima volontà di non nascondere nel fuori campo, come accadeva nella tragedia attica, le sevizie più efferate. All'interno di questo fenomeno europeo (e in realtà anche asiatico) spicca per qualità e quantità l'apporto della Francia, tanto da aver portato all'identificazione di una sorta di Nouvelle Vague del cinema estremo transalpino definita New French Extremity, etichetta in realtà piuttosto vaga ma adoperata con molto successo sia in ambito accademico che cinefilo. Tra le pellicole più note a essere stata appaiata a questa "definizione" vi è certamente A' L'interieur, opera prima della coppia di registi e sceneggiatori Alexandre Bustillo e Julien Maury risalente al 2007 ma arrivata solamente nel 2018 in Italia, ovviamente soltanto in home video. Il film, oltre ad aver goduto di un notevole successo commerciale a dispetto della sua natura indipendente, è tra i pochi esempi di tale ondata di cinema estremo francese ad aver convinto gran parte della critica mondiale, permettendo ai due autori di dirigere negli Stati Uniti Leatherface (2017).

Protagonista dei circa ottanta minuti del lungometraggio è la fotografa Sarah, reduce da un incidente automobilistico nel quale ha perso la vita il fidanzato ma da quale è riuscito miracolosamente a sopravvivere il bambino che porta nel suo grembo. Arrivata ormai alle soglie del parto la donna pare non riuscire a superare il trauma subito e nonostante sia arrivato anche il Natale allontana tutte le persone che le vogliono bene per poter restare sola in casa. Durante la notte riceve la visita di una donna misteriosa che conosce il suo passato. Inizialmente l'ospite indesiderato viene apparentemente messo in fuga dall'arrivo della polizia ma successivamente si introduce in casa e tenta di aprire il ventre di Sarah con delle forbici. La reporter riesce a salvarsi miracolosamente barricandosi in bagno ma non è che l'inizio di un vero e proprio assedio.

Stando alle parole dei due registi i principali riferimenti per la realizzazione di A' L'interieur sarebbero stati Dario Argento e John Carpenter e mai come in questo caso si può davvero credere alle dichiarazioni degli autori: il film non solo cita esplicitamente Phenomena (Dario Argento, 1985) e Halloween - La notte delle streghe (Halloween, John Carpenter, 1978) tra i tanti ma unisce la visionarietà e la dimensione fiabesca tipica del cineasta romano con l'ossessione di Carpenter per l'home invasion e il cinema d'assedio in generale, le cui regole di matrice classica vengono rilette dalla sensibilità tutta europea e contemporanea dei due registi, i cui sottotesti politici certamente non dispiacerebbero all'autore di La cosa (The Thing, 1982). Certamente la profonda conoscenza di questo filone dell'horror permette a Bustillo e Maury di tessere un percorso in cui la tensione cresce costantemente e lo spettatore viene coinvolto emotivamente dalla lotta per la sopravvivenza di Sarah, così come la scelta di mostrare all'interno del profilmico atti di violenza particolarmente efferati riesce con efficacia a colpire gli stomaci degli spettatori ma vi è un elemento che, quasi sullo sfondo, permea lungo tutta la sua durata la pellicola, ossia i costanti riferimenti alle sommosse nelle banlieue parigine. Come una sorta di basso continuo rimbalzano da apparecchi televisivi, dalla radio o attraverso le parole dei personaggi notizie circa le esplosioni di rivolta negli ormai archetipici quartieri popolari della capitale transalpina, abitato in maggioranza da immigrati africani o francesi di seconda e terza generazione in condizioni completamente opposte rispetto all'opulenza e alla bellezza architettonica del centro città. Autori come Mathieu Kassovitz, Luc Besson e molti dei registi che quest'ultimo ha lanciato attraverso la sua casa di produzione EuropaCorp hanno reso nel corso degli anni le banlieue un'ambientazione cinematografica immediatamente riconoscibile e connotata di caratteristiche ben definite, alla stregua del deserto nei western di John Ford o della Boston nei crime movie contemporanei, ma ciò che realmente interessa alla coppia di cineasti in questione è proprio il collegamento diretto tra questi sobborghi e la condizione di ghettizzazione delle minoranze etniche, costrette a sopportare una ormai atavica subordinazione rispetto alla Parigi dei quartieri storici e dunque portate quasi naturalmente a delle esplosioni di violenza come atto di ribellione. Anticipando di qualche anno l'attuale clima di sospetto nei confronti dello straniero, in parte acutizzato dalle massicce ondate migratorie provenienti dall'Africa, Bustillo e Maury individuano proprio in questo sentimento la vera origine della segregazione di questi sfortunati quartieri della capitale, a loro volta vera e propria sineddoche della condizione vissuta da tutti i migranti emarginati.
A' l'interieur si prospetta dunque come un incubo, un discesa attraverso un oscuro mondo onirico che utilizza la terribile vicenda vissuta da Sarah come simbolo degli orrori che scaturiscono dalla sensazione di vedere violati i propri spazi più privati e invalicabili: la casa, luogo in cui nasce e si aggrega il nucleo familiare, così come la propria nazione e infine il grembo materno, l'ambiente nel quale ha origine il miracolo della vita e trovandosi all'interno del corpo della donna risulta il più grande taboo per qualsiasi intervento esterno, specie per una società come quella occidentale nella quale risultano ancora ben evidenti le conseguenze antropologiche e culturali delle radici cristiane e del fortissimo culto della sacralità della gravidanza tramite la figura della Madonna. Proprio per poter rappresentare a pieno la rottura di quei vincoli percepiti come ontologicamente invalicabili i due cineasti scelgono di spezzare anche i taboo relativi al visibile mostrando senza alcuna esitazione momenti molto crudi. Questo non si traduce mai in una esibizione pornografica, di puro godimento visuale, della violenza ma semplicemente amplifica con grande efficacia la paura incontrollata di un intero paese, come in fondo dimostra la maestria con la quale si muove la cinepresa, mai tremolante come in molto cinema horror contemporaneo e capace di rendere tangibile l'angoscia messa in scena attraverso una sapiente gestione dei chiaroscuri sia nelle inquadrature più brevi che negli eleganti piani sequenza.

Consigliare A' l'interieur a chiunque è certamente un compito arduo visto l'altissimo tasso di violenza grafica ma nel caso voi aveste uno stomaco abbastanza allenato o vogliate assistere a un film duro e raffinato al tempo stesso allora fa al caso vostro.

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