mercoledì 9 novembre 2016

RANGO: UN CAMALEONTE ALLA RICERCA DELLA PROPRIA STORIA

Per la prima volta in questo spazio virtuale ho deciso di occuparmi di un film di animazione (sfera della quale in realtà mi interesso assiduamente) ma nel farlo ho optato per un caso estremamente singolare: Rango, pellicola del 2011 diretta, a conferma dell'eccezionalità dell'operazione, dall'esordiente nel mondo animato Gore Verbinski (The Ring, 2002; Pirates of the Carribean: The curse of the Black Pearl, 2003). La pellicola, nonostante un modesto successo al botteghino se paragonato agli enormi costi di produzione, ha raccolto il plauso della critica aggiudicandosi persino l'Academy Award per il miglior film d'animazione, un risultato enorme considerando che di solito tale categoria vede trionfare sempre o quasi pellicole Disney o Pixar.

Protagonista del lungometraggio è un camaleonte senza nome dalle grandi ambizioni attoriali (non a caso viene doppiato dal trasformista per eccellenza a Hollywood Johnny Depp) nonostante viva praticamente segregato in un minuscolo terrario insieme a pochi oggetti con i quali immagina di mettere in scena grandi avventure. Durante un viaggio in auto il terrario cade dalla stessa rompendosi e così l'animaletto si ritrova da solo in una sperduta autostrada che attraversa il deserto del Mojave, dove incontra un armadillo (con la voce di Alfred Molina) che, come un vero e proprio guru, lo invita a seguire la difficile via che lo porterà a compiere il proprio fato. Tale strada porta il rettile nella piccola cittadina, ovviamente popolata da soli animali antropomorfi, di Dirt, che presenta tutte le caratteristiche della città di un western, cosa che costringe il protagonista a calarsi nel ruolo di pistolero coraggioso (dandosi finalmente un nome: Rango) e infallibile riuscendo addirittura a diventare sceriffo e dando inizio al momento cruciale per la sua crescita interiore.

Non è assolutamente facile inquadrare un prodotto come Rango all'interno degli schemi del genere che normalmente si applicano a produzioni americane di tale portata economica; persino nel più ovvio degli insiemi nei quali può essere inserito, quello dell'animazione digitale, risulta atipico in quanto realizzato da una compagnia, la Industrial Light & Magic, la quale di solito si occupa di effetti speciali nel cinema in carne e ossa e che anche per questo ha reso le animazioni molto più naturalistiche rispetto allo stile Disney. A conferma di tale posizione ai limiti da questo punto di vista ci sono addirittura le parole di Verbinski, il quale ha affermato di aver pensato solo in un secondo momento di utilizzare l'animazione mentre dall'inizio del progetto aveva sempre avuto in mente l'idea di girare un western.  Ecco la vera identità della pellicola o almeno quella che decide di crearsi perché, proprio come il suo protagonista, spesso cambia pelle (si pensi all'incipit pirandelliano) spiazzando lo spettatore ma alla fine trova la sua strada in questo sterminato repertorio che ha accompagnato tutto lo sviluppo della settima arte statunitense.

Eppure anche all'interno di tale genere Rango risulta una singolarità in quanto, come ho appena affermato, il suo omonimo protagonista rappresenta un attore-sceneggiatore che, in una sorta di ibrido tra Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello e una riflessione metacinematografica vicina ai lavori di Charlie Kaufman, proprio quando sembrava essersi rassegnato alla vacuità della propria esistenza senza una storia da interpretare che sentisse propria intraprende un viaggio alla ricerca di essa. Nella sequenza iniziale il camaleonte dalla camicia hawaiana (chiaro riferimento al ruolo interpretato da Depp in Fear and Loathing in Las Vegas diretto da Terry Gilliam nel 1998) cerca di mettere in scena una trama cavalleresca ma si rende conto di non essere soddisfatto di essa e non solo perché gli altri personaggi sono interpretati da oggetti inanimati, quindi una volta ritrovatosi solo nel deserto cerca di sopravvivere nel solo modo che conosce, ovvero imitando gli altri e soltanto una volta calatosi nel ruolo del pistolero eroe della propria cittadina capisce di aver trovato finalmente la sua storia. Non a caso il momento di svolta nella ricerca del simpatico animaletto è rappresentato dall'onirica sequenza dell'apparizione dello "spirito del west" (Timothy Olyphant), una figura estremamente somigliante al Clint Eastwood protagonista della Trilogia del dollaro (1964,1965,1966) diretta da Sergio Leone che il regista di The Ring cita continuamente (si pensi al tema nel primo duello che cita esplicitamente il tema di Qualche dollaro in più realizzato da Ennio Morricone ma anche a finezze registiche come alcune inquadrature tipiche dello stile del cineasta italiano) innalzandola a maggiore fonte di ispirazione per il suo lavoro, nonostante non manchino anche citazioni di tutta la storia del genere western (dal periodo classico di John Ford e Howard Hawks fino ai cupi lungometraggi diretti dallo stesso Eastwood) o di altri capolavori hollywoodiani come Chinatown (Roman Polanski, 1974) e Apocalypse Now (Francis Ford Coppola, 1979).

In conclusione Rango rappresenta un interessante unicum all'interno del cinema d'animazione (e non solo) americano che riflette attraverso l'amore del proprio autore verso uno dei generi fondamentali sulla figura dell'attore ma anche, in una interpretazione che merita spazi ben maggiori, sullo smarrimento dell'essere umano ai giorni nostri tanto caro al cinema contemporaneo.

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