mercoledì 8 gennaio 2020

LA CONGIURA DELLA PIETRA NERA: IL RITORNO AL WUXIA DI JOHN WOO

Al netto dell'amore che un persino il più appassionato (come me) può provare è innegabile come il periodo hollywoodiano di John Woo abbia vissuto non solo di luci, specialmente per l'insuccesso commerciale di produzioni ricche di divi e budget notevoli come l'ultimo Paycheck (2003). Se vi si aggiunge anche la mai troppo celata delusione per le asfissianti intromissioni dei produttori sul suo lavoro di regista appare più che sensata la sua scelta di tornare a lavorare in patria, anche se sotto l'egida del governo di Pechino che aveva sempre criticato. Tralasciando le spinose questione politiche relative alle diatribe tra Hong Kong e Cina non si può non parlare di una nuova fase ascendente nella sua carriera con il ritorno in Asia e, a proposito proprio di questo ultimo periodo, ho deciso di porre alla vostra attenzione una delle ultime opere dell'autore di Once a Thief (1991): La congiura della pietra nera (conosciuto internazionalmente come Reign of Assassins). I credits riportano in realtà come regista e sceneggiatore il più giovane Su Chao-pin, con Woo relegato al ruolo di produttore e co-regista ma state per scoprire quanto di quest'ultimo sia presente all'interno dell'opera, rendendola a tutti gli effetti parte della sua filmografia da director.

Ambientato durante la dinastia Ming, il film ruota attorno ai resti mummificati del guerriero indiano Bodhi, che, secondo una leggenda, sarebbero in grado di donare straordinari poteri a chiunque li possegga. A volersi accaparrare la preziosa reliquia è in primo luogo la setta di assassini nota come Pietra Nera, il cui leader, Cao Feng (Wang Xueqi) invia senza alcuna remora la sua allieva prediletta, Pioggia Lieve (Michelle Yeoh), ad assassinare il primo ministro Zhang pur di ottenere una metà della stessa. La donna uccide senza problemi il politico, sconfigge anche suo figlio Renfeng ma decide di non tornare alla base, scappando con il bottino. Durante la fuga conosce il monaco guerriero Wisdom, che la mette in guardia circa i punti deboli della sua tecnica di lotta finendo per essere trafitto dalla speciale spada di Pioggia Lieve, non prima però di averla convinta a rifarsi una vita priva di violenza facendosi cambiare i lineamenti del volto da un medico. Seguendo questo consiglio la protagonista assume l'identità di Zeng Jing, vive come una qualsiasi civile e arriva persino a sposarsi con il dolce Jiang Ah-sheng (Jung Woo-sung) ma il passato tornerà a bussare alla sua porta.

Tra i topoi di uno dei generi più prolifici del cinema e della letteratura cinese, il wuxia (in parte assimilabile all'occidentale cappa e spada o swashbuckler), vi è il ricorso a intrecci ricchi di articolati intrighi politici o di potere in genere e certamente anche da questo punto di vista La congiura della pietra nera rientra in pieno in tale filone. Altrettanto tipici del genere risultano i numerosi duelli all'arma bianca, contrassegnati dai classici, leggiadri movimenti dei guerrieri che rendono le battaglie più simili a delle danze di corpi privi di peso, capaci di violare continuamente la forza di gravità. La scelta di girare in costume, l'epoca storica, le congiure e i tradimenti rientrano in tutto e per tutto nei canoni del wuxia ma qualcosa contribuisce ad allontanare la pellicola da un anonimo classicismo: la presenza di John Woo. Ufficialmente il cineasta di Hong Kong funge solamente da produttore e consulente per il promettente Su Chao-pin ma la realtà dei fatti evidenzia come il suo contributo risulti decisivo sia ai fini dello sviluppo narrativo che della messinscena. Il racconto della caccia al corpo mummificato del monaco Bodhi mostra fin dai primissimi minuti una protagonista che appare come una versione femminile di quei killer dotati di un proprio codice etico e intenzionati ad abbandonare per sempre il crimine tipici del cinema di Woo, come il Chow Yun-Fat di The Killer (1989). Pioggia Lieve, proprio come il celeberrimo assassino vestito di bianco, vive una tenera storia d'amore che la convince definitivamente ad abbandonare la via dell'omicidio e per proteggere l'oggetto di questo fortissimo sentimento arriva persino a mettere in gioco la propria incolumità, rivoltandosi contro il suo stesso maestro e datore di lavoro. Attraverso un notevole colpo di scena si scoprirà poi che Jiang Ah-sheng condivide molti tratti con Jennie, la cantante resa cieca da Ah Jong e del quale quest'ultimo si innamora nel film sopracitato, evidenziando ancora di più l'assonanza con uno dei classici della filmografia dell'autore di Hard Boiled. Centrale nello sviluppo narratologico, oltre che tematico, è la capacità del medico eremita di cambiare la fisionomia dei volti attraverso un intervento chirurgico: un elemento ai limiti del magico che non può non ricordare il procedimento fantascientifico che in Face/Off del 1997 (capolavoro del periodo statunitense del director asiatico) permette lo scambio fisiognomico e identitario tra Sean Archer e Castor Troy. Attraverso questo omaggio viene non solo introdotto il tema del doppio tanto caro a Woo, bensì anche il già menzionato percorso di redenzione da parte del personaggio, splendidamente, interpretato da Michelle Yeoh assume una forza visiva nuova, amplificata dal corto circuito tra interiorità ed esteriorità.
Una direzione simile può essere rintracciata anche sul versante prettamente formale poiché i duelli che costellano il lungometraggio, tipici ovviamente del wuxia, vengono diretti con ampio ricordo al celebre ralenti del cineasta di Hong Kong, così come il ritmo del montaggio (al quale Woo avrebbe partecipato direttamente secondo quanto rivelato dalla produzione) che accomuna la danza di corpi e spade a quello di pistole e proiettili visti nei precedenti lavori. Il ralenti, inoltre, torna prepotentemente anche nelle sequenze maggiormente emozionali, tradendo quella tensione al melò che l'autore cinese aveva evidenziato fin dai tempi di A Better Tomorrow (1986).

In conclusione Reign of Assassins può essere annoverato a tutti gli effetti come un comeback di John Woo a quel genere che aveva abbandonato dopo il poco conosciuto in Occidente Last Hurrah for Chivalry (1979) e sfiorato solamente con l'epico La battaglia dei tre regni (2009-2010), regalando agli appassionati di wuxia un'interpretazione dello stesso classica e personale insieme e confermando ancora una volta la vitalità del talento di questo cineasta.

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