giovedì 17 gennaio 2019

ONCE A THIEF: JOHN WOO TRA HITCHCOCK E NOUVELLE VAGUE

Prossimo all'apice della prima parte della propria carriera, ovvero quella localizzata a Hong Kong, nel 1991 John Woo dirige una delle pellicole più atipiche della propria filmografia: Once a Thief. Forte proprio del successo ottenuto tramite lavori come A Better Tomorrow (1986) e The Killer (1989) il cineasta riesce a permettersi il suo primo lungometraggio in parte girato all'estero ma il risultato finisce per scontentare le attese, specie quelle dei sempre più numerosi fan occidentali, sentitisi disorientati dall'approccio singolare rispetto alle opere precedenti (almeno quelle più note).

Per l'ennesima volta nella carriera dell'autore cinese il ruolo da protagonista spetta all'attore Chow Yun-fat, interprete in questo caso del ladro professionista Joe, coadiuvato nelle sue imprese e nella vita di tutti i giorni da Jim (Leslie Cheung) e Cheri con i quali è cresciuto, prima sotto i colpi dei duri insegnamenti del padre adottivo (Kenneth Tsang) e poi con le cure amorevoli di un poliziotto che chiamano papà (Kong Chu). I tre si trovano in Francia da qualche tempo per eseguire dei colpi su commissione ma le loro esistenze vengono stravolte da quello che sarebbe dovuto essere il loro ultimo furto.

Fin dalle primissime inquadrature Once a Thief non nasconde affatto la propria volontà di distaccarsi dalle atmosfere cupe, asfissianti e melò dei precedenti lavori di Woo, a partire dalla scelta di ambientare tutta la prima metà del film in Francia e non a Hong Kong. Laddove la metropoli ex colonia britannica costituiva per il regista un set perfetto per i precedenti racconti di violenza urbana grazie a spazi estremamente chiusi e asfissianti Parigi e il paese transalpino, al contrario, gli offrono spiragli di enorme luminosità e vasti ambienti da esaltare attraverso panoramiche e campi lunghissimi in grado di esprimere una leggerezza raramente vista in precedenza. Proprio la leggerezza pare essere il leitmotiv che caratterizza il film in analisi, una sorta di élan vital bergsoniano che filtra da ogni movimento di macchina, dai corpi inquadrati, dalla colonna musica ma soprattutto dal trio di protagonisti. Joe, Jim e Cheri appaiono immediatamente lontani dalle figure tormentate e perennemente in lotta viste in The Killer o Bullet in the Head (1990) e anzi vivono con una gioia quasi primigenia persino il ricordo della loro difficile infanzia, le bugie con cui coprono i loro crimini quando si trovano in compagnia di "papà" e soprattutto il delicato equilibrio nel concetto di nucleo familiare che sono riusciti a crearsi. I tre vivono in fondo un vero e proprio triangolo amoroso e inoltre condividono una doppia figura paterna che da un lato richiama il tema sempre presente in Woo del doppio ma dall'altro viene appunto affrontata con l'assenza di quella vena melò tipica dei lungometraggi precedenti. La stesso triangolo nella narrazione non sfocia mai verso lidi di patetismo o languore noir ma anzi costituisce l'elemento che certifica maggiormente la già citata leggerezza che pervade il film, così come un sottotesto citazionista piuttosto inedito per la prima sezione della carriera dell'autore cinese. Pare impossibile non notare le affinità, persino nei nomi, tra il trio Joe-Jim-Cheri e quello composto da Jules, Jim e Catherine reso immortale da Jules e Jim (Jules et Jim) di Truffaut (con l'unica differenza che il ruolo predominante del personaggio di Jeanne Moreau viene ricoperto da un uomo, ossia Joe), esattamente come la professione di ladri professionisti eleganti e affascinanti non può che riportare alla mente Caccia al ladro (1955) di Alfred Hitchcock, peraltro ambientato proprio in Francia. Non a caso i due maestri sono spesso citati tra le maggiori fonti di ispirazione di Woo, il quale dunque con questo Once a Thief compie un'operazione di omaggio nei confronti del cinema che lo ha reso il regista che oggi viene ammirato in tutto il mondo ma al contempo riflette anche sulla propria carriera, mescolando la vena ironica dai toni slapstick dei suoi primissimi successi con l'azione estetizzata e le riflessioni morali dei suoi grandi successi.

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