venerdì 11 gennaio 2019

DOUBLE IMPACT: QUANDO HOLLYWOOD SCIMMIOTTAVA HONG KONG

Al tramonto degli anni Ottanta i paesi occidentali, particolarmente gli Stati Uniti, conobbero una ondata di fascinazione verso il cinema action cinese paragonabile solamente a quanto accaduto nei primi Settanta con il fenomeno Bruce Lee. A conquistare i palati dei cinefili statunitensi in quel periodo fu soprattutto le filmografie di alcuni autori attivi a Hong Kong capaci di rileggere i canoni di generi di matrice americana come il crime movie e il noir attraverso un'estetizzazione estrema degli scontri, sia a fuoco che a mani nude, e codici narrativi autoctoni. Non a caso i maestri di tale fenomeno quali John Woo, Tsui Hark e Ringo Lam finirono tutti, con alterne fortune, per attraversare l'oceano e varcare le soglie di Hollywood, dovendosi purtroppo per loro scontrare con una realtà produttiva in cui i registi di pellicole di genere avevano ben poca libertà rispetto alle direttive degli Studios. Insomma l'invasione cinese degli States si rivelò una vittoria di Pirro della durata di una manciata di anni eppure, proprio in quanto tale, nei prim anni Novanta l'industria statunitense sfornò una lunga serie di prodotti che tentavano di coniugare il cinema muscolare cementato nel decennio precedente da star del calibro di Arnold Schwarzenegger e Sylvester Stallone con l'estetica ricercata proveniente dall'Oriente. All'interno di questo filone si ascrive pienamente Double Impact, scritto e diretto nel 1991 da Sheldon Lettich, campione di incassi con più di ottanta milioni di dollari ma demolito da gran parte della critica, certamente non molto benevola con la stragrande maggioranza delle apparizioni sul grande schermo di Jean-Claude Van Damme.

Proprio il campione di arti marziali proveniente dal Belgio interpreta entrambi i protagonisti del film, i gemelli Chad e Alex Wagner, divisi praticamente alla nascita durante un agguato mortale teso ai loro genitori dall'imprenditore Nigel Griffith e dal malavitoso Raymond Zhang (Philip Chan) per poter accaparrarsi il controllo di un tunnel di importanza fondamentale per Hong Kong. Chad viene cresciuto a Los Angeles da Frank (Geoffrey Lewis), guardia del corpo dei suoi genitori, senza sapere nulla del fratello o di come sia stato reso orfano ma quando il genitore putativo scopre finalmente dove si trova Alex gli viene finalmente raccontata la verità e dunque parte proprio per la Cina dove Frank ha in mente di riunire i gemelli in una vendetta meditata per ben venticinque anni.

L'attrazione principale, quella maggiormente pubblicizzata all'epoca così come la caratteristica maggiormente ricordata dai cultori, di questo Double Impact risiede senza alcun dubbio nella scelta di affidare un doppio ruolo a Van Damme, costringendolo non solo a una doppia presenza sul set ma soprattutto a dover caratterizzare due personaggi completamente opposti: se Chad, cresciuto senza alcun problema economico a Los Angeles sotto la guida severa ma amorevole di Frank, si dimostra immediatamente un ragazzo piuttosto immaturo, in parte viziato e abituato agli agi della propria condizione economica Alex invece ne rappresenta l'estremo opposto, un contrabbandiere indurito da una vita passata a guardarsi le spalle da tutti e dalla consapevolezza di poter contare solo su se stesso per sopravvivere. L'unica cosa che accomuna i due fratelli sembra essere l'ovvia abilità nelle arti marziali, eppure anche quando si tratta di menare le mani (soprattutto i piedi quando si tratta di JCVD) ognuno dimostra un proprio stile ben definito e che rispecchia il carattere del suo utilizzatore, come ben si evince dalla predisposizione all'uso delle armi e a una maggiore brutalità da parte del gemello cresciuto in Cina rispetto alla predilezione nei confronti della bella forma nei calci della controparte statunitense. Insomma una sfida tutt'altro che banale per un lottatore da poco affacciatosi al mondo della recitazione che all'epoca non scaldò i giudizi della critica ma che conquistò il pubblico al punto da convincere i produttori hollywoodiani a ripetere l'espediente anche in altre pellicole, una conseguenza che evidentemente conferma la bontà del lavoro svolto dal belga, specialmente per quanto concerne proprio i momenti estranei al combattimento, nei quali dimostra per la prima volta in carriera una certa predisposizione verso una recitazione da caratterista particolarmente efficace nel tratteggiare il burbero Alex, la cui espressione arcigna con sigaro abbinato e alcune smorfie chiaramente figlie del modello De Niro gli sono state utili anche molti anni dopo per interpretare il primo villain della sua filmografia, Jean Vilain (il nome dice tutto) de I mercenari 2 (The Expendables 2, Simon West, 2012).
Al di là della grande novità legata al doppio ruolo della star del film appare chiaro, sia narrativamente come formalmente, quanto l'operato di Lettich sia ispirato alle pellicole del precedentemente menzionato John Woo. La sequenza di apertura viene ambientata proprio a Hong Kong, patria e ambientazione archetipica dell'autore di The Killer (1989), e nello scontro a fuoco tra Frank e i sicari colpevoli dell'omicidio dei genitori dei protagonisti il personaggio dal volto di Geoffrey Lewis impugna con sicurezza due pistole, la carta da visita dei personaggi interpretati da Chow Yun-fat nei più celebri lungometraggi del cineasta cinese. Come ormai da tradizione per il cinema contemporaneo l'apertura rappresenta un vero e proprio prologo, una sorta di promessa di ciò che lo spettatore si appresa a trovare nel resto del lungometraggio e Double Impact non fa eccezione: l'intera pellicola risulta colma di omaggi al cinema di Woo (si pensi anche all'attore Philip Chan) e in particolare le sequenze d'azione non risparmiano l'utilizzo del ralenti, il vezzo d'autore più noto del regista di Hong Kong. Certo, è bene evidenziarlo, molti di questi caratteri in comune restano solamente, per l'appunto, omaggi o semplici strizzate d'occhio verso un modo di fare cinema action divenuto iconico e di gran moda in quel periodo ma trovo innegabile la costante leggibilità delle inquadrature anche nei momenti più frenetici e la capacità del regista americano di districarsi con equilibrio tra il calco di un maestro, la propria sensibilità e i canoni della produzione mainstream del proprio paese. Non è per niente semplice riuscire a coniugare, ad esempio, l'esplorazione dell'amicizia virile tipica di Woo con l'esigenza hollywoodiana di una love story ben chiara e Lettich, tramite un'ottima dose di ironia, si destreggia in questo compito creando un triangolo amoroso tra i due gemelli e Danielle, la compagna di Alex, che in realtà esiste solamente nella mente di quest'ultimo a causa della sua diffidenza verso il prossimo ma anche per colpa di un equivoco "hot" che coinvolge il trio nel momento in cui si conoscono da vera commedia brillante. 

In definitiva non posso e non voglio certo attribuire a Double Impact grandi pretese autoriali o caricarlo della poetica e dello stile inconfondibile presente in ogni singolo film di John Woo, eppure negare che nei suoi 107 minuti questa pellicola riesca a intrattenere prendendo in prestito motivi narrativi ed estetici da un maestro del genere sarebbe altrettanto scorretto e dunque tra un Antonioni e un Godard lunga vita anche a questo tipo di settima arte.

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