Tra i film attualmente candidati agli Academy Awards spicca, forte di ben otto candidature, un'opera prima, peraltro un remake, avente come protagonista una pop star al suo primo rilevante ruolo cinematografico (i piccoli ruoli in Sin City: A Dame to Kill For, diretto da Robert Rodriguez e Frank Miller nel 2014 e Machete Kills, sempre firmato Rodriguez l'anno precedente, si fermavano a poco più che divertissement): A Star Is Born (2018). Insomma non si può negare che l'esordio dietro la macchina da presa di Bradley Cooper, con al centro il personaggio interpretato da Lady Gaga, avesse tutte le carte per rivelarsi un disastro e invece è uno dei film con le migliori recensioni dell'anno e anche un enorme successo commerciale, tanto da aver sfiorato il mezzo miliardo di dollari al botteghino. Un fenomeno che merita di essere approfondito.
Rifacendosi ai tre precedenti È nata una stella o A Star Is Born in originale (tra i quali spicca il musical diretto nel 1954 da George Cukor) ma con ampie libertà creative in fase di sceneggiatura, la pellicola mostra l'incontro fortuito tra l'affermata rockstar Jackson Maine (Bradley Cooper) e la cameriera aspirante cantautrice Ally Campana (Lady Gaga). Lui, in preda a un alcolismo che lo attanaglia da anni, incontra lei dopo un concerto, all'interno di un bar dove la giovane si esibisce come unica artista femminile all'interno di serate dedicate alle drag queen, grazie soprattutto alle sue eccezionali doti canore. Jackson resta ammaliato dalla performance, dalla personalità unica e dal talento di Ally e così passa l'intera notte con lei a parlare. Il giorno successivo riesce a convincerla a seguire un suo concerto dal backstage quando improvvisamente le chiede di cantare con lui un pezzo scritto dalla stessa e che aveva canticchiato all'uomo durante la nottata trascorsa insieme. Superando l'imbarazzo per una esibizione davanti a migliaia di persone la ragazza canta e incanta il mondo intero nel duetto, aprendosi le porte per una insperata carriera da popstar ma anche una travagliata storia d'amore con il turbolento rocker.
La prima cosa che mi preme sottolineare, così da eliminare l'equivoco in cui molti, anche critici, sono caduti dinanzi alla visione e al commento di A Star Is Born è che non ci troviamo dinanzi a un musical. Come ogni genere hollywoodiano il musical, appunto, possiede regole e canoni ben codificati, probabilmente i più rigidi all'interno dell'universo dei generi stessi e dunque scevro dai costanti mutamenti che invece hanno coinvolto l'horror e la fantascienza, dalla comparsa della New Hollywood fino agli sconvolgimenti postmoderni e contemporanei, rendendo ben più semplice delineare ciò che rientra all'interno di determinati paletti e il film in questione reca una minima traccia di essi solamente per quanto concerne i lontani retaggi dei precedenti adattamenti. L'opera prima di Bradley Cooper non utilizza in alcun istante la musica come strumento narratologico e in realtà, a differenza di quanto avviene solitamente nel cinema americano classico, rinuncia persino a una colonna musica che agisca da commento emotivo a ciò che accade su schermo, limitandone la presenza solamente ai momenti di apparizione di musiche diegetiche, come durante i concerti o l'esibizione ai Grammy Awards della superband nella quale Jackson suona la chitarra solista. L'unica eccezione a tale, coraggiosa scelta di regia di rinunciare al commento avviene solamente con la sequenza finale, nella quale la diegetica performance della protagonista in onore del marito prende lentamente la forma di un videoclip di fortissimo impatto emozionale, culminante in una sovrapposizione sia visiva che uditiva di presente e passato che dimostra una notevole capacità di manipolazione del mezzo cinematografico da parte del regista. Proprio la visione di Cooper, la personalità con cui mette in scena quella che solamente in superficie resta una tradizionale love story sorprende fin dalle prime sequenze, dominate da long take in cui l'uso della camera in spalla non pregiudica la compostezza dell'inquadratura e anzi amplifica l'impatto estetico ed emozionale della visione, creando un legame empatico immediato con una figura tutt'altro che eroica come la rockstar interpretata dallo stesso cineasta. Si notano in maniera piuttosto lampante i maggiori riferimenti formali di Cooper per il suo esordio, in particolare il tragico classicismo di Clint Eastwood e la shaky camera di David O. Russell (entrami registi con cui ha collaborato precedentemente), ma il mix di questi stili molto diversi da questi calibrato risulta fresco e assolutamente adatto a sorreggere i due personaggi, grandiosi e quotidiani insieme, che dominano il lungometraggio.
Parlare di A Star Is Born senza menzionare la prova attoriale di Lady Gaga supererebbe di molto il limite dell'inconcludente, non solo per le non scontate doti recitative della cantante di origini italiane ma soprattutto perché si trova una fetta non indifferente della sua stessa vita all'interno del film. Certamente la relazione ricca di alti e bassi tra Ally e Jackson occupa il centro della narrazione ma la stessa love story vive continuamente all'interno di una riflessione sempre attuale circa i sacrifici che occorrono per poter raggiungere la fama. La protagonista conquista immediatamente le attenzioni e il cuore della celebre rockstar dell'Arizona non solo per la straordinaria capacità vocale ma soprattutto per il carisma con cui calca il palco, la facilità con cui compone brani che mettono a nudo tutta la propria intima essenza e un viso non da modella, non da star system ma da artista. Le lunghe disquisizioni e battute sul naso pronunciato della donna mettono in risalto quell'umanità abbagliante e semplice al tempo stesso che letteralmente aprono il cuore logoro, colmo di alcol e insoddisfazione di Jackson, il quale trova in lei un vero e proprio contraltare allo squallore disumanizzante dello stardom e della vita in genere. Grazie all'amore l'uomo inizia anche a rinunciare gradualmente all'appoggio costante della bottiglia ma, non a caso, ripiomba pesantemente nella depressione e nel vizio non appena si rende conto della mutazione occorsa alla consorte. Ally viene difatti letteralmente trasformata dalle pretese di commerciabilità del suo manager, il quale la porta a una metamorfosi fisica e artistica che non può non riportare alla mente la carriera proprio di Lady Gaga, arrivata alla ribalta internazionale dopo anni di gavetta con un album, The Fame (2008), che fin dal titolo e dal look glamour esibito dalla cantante sulla copertina tradisce la svolta d'immagine e musicale alla quale l'artista è dovuta ricorrere per potersi finalmente prendere il proprio spazio all'interno delle classifiche. Proprio come il suo personaggio l'interprete ha dovuto letteralmente abbandonare il pianoforte in favore delle ballerine per poter debuttare con una grande etichetta discografica, rinunciando probabilmente a un pezzo fondamentale del proprio io ritrovato solamente in una fase successiva della propria parabola privata e artistica (nel finale del film per quanto riguarda Ally e con l'album Born This Way del 2011 per la sua controparte reale).
A Star Is Born si rivela dunque non solo un esordio capace di portare su schermo una coppia di protagonisti che entrano immediatamente nel cuore del pubblico ma anche un ottimo biglietto da visita per le abilità registiche di Bradley Cooper e un emozionante, sottile riflessione sul confine sottile che divide la realtà dallo spettacolo, il mondo concreto e quello dei sogni di cui vive il cinema.
Piccolo satellite orbitante attorno al pianeta Cinema ma con la forte attrazione anche per le altre arti e in particolare per quelle che più segnano la nostra contemporaneità: fumetto, videogame ecc. Fondamentale per me è che chi scriva qui abbia assoluta cognizione di causa (io ad esempio possiedo una laurea triennale al DAMS e una magistrale in scienze dello spettacolo). Auguro buona lettura e buona riflessione a chiunque voglia fermarsi su questo sperduto satellite della settima arte.
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