Reso celebre ancora prima di essere ufficialmente distribuito sulla piattaforma di video on demand Netflix, Okja (2017) è il più recente film scritto e diretto da Bong Joon-ho, per la seconda volta impegnato in una produzione occidentale. La sua fama è dovuta, purtroppo, in gran parte alle polemiche nate durante l'ultimo Festival di Cannes intorno alla liceità di candidare alla Palma d'oro un prodotto che evita la distribuzione in sala. Una diatriba figlia dell'ormai ben nota dialettica sala cinematografica vs dispositivi mobile e che alla fine ha avuto come unico risultato quello di aumentare l'interesse, anche del fruitore medio di Netflix, verso una pellicola che altrimenti sarebbe molto probabilmente stata visionata soltanto dalla nicchia di appassionati di cinema coreano o d'autore in generale.
Al centro delle vicende narrate si trova la creatura che dà il nome al lungometraggio, un maiale gigante nato attraverso esperimenti genetici da parte di una multinazionale intenzionata a sfruttare questa nuova specie animale come risorsa alimentare. Per dieci anni Okja viene affidata a una famiglia coreana, della quale fa parte Mija, una ragazzina con la quale forma una coppia inseparabile.
Almeno fino a quando non arriva il momento per l'azienda di riappropriarsi de proprio investimento, cosa che costringe la giovane ad abbandonare le montagne sulle quali vive per salvare la sua migliore amica, ricevendo l'aiuto inaspettato di uno strambo gruppo animalista.
A un primo, superficiale sguardo la storia portata in scena dal cineasta sudcoreano potrebbe sembrare una sorta di sintesi tra i lavori di Hayao Miyazaki e quelli maggiormente fiabeschi di Steven Spielberg (ad esempio E.T. l'extra-terrestre del 1982) e in effetti molta critica, specie in Italia, l'ha frettolosamente, seppur in molti casi anche con toni entusiastici, etichettata in questi termini. Eppure l'intera opera è disseminata di indizi che mettono in dubbio la sua sincera fedeltà ai canoni della fiaba. Il primo di questi è l'ambiguità morale che serpeggia in ogni singolo personaggio rappresentato, esattamente l'opposto rispetto alle regole di questo genere narrativo: i due gruppi che si contendono il destino dei super maiali (multinazionale e animalisti) non appaiono mai completamente buoni o cattivi ma per lo più sembrano maschere grottesche, marionette disumanizzate anche dalla recitazione tutt'altro che stanislavskiana di Paul Dano o di Jake Gyllenhaal, così come la piccola Mija ribalta completamente lo stereotipo della innocente ed empatica protagonista delle fiabe con il suo temperamento duro e sospettoso verso tutti, escludendo ovviamente la sola Okja.
Tanti indizi disseminati diventano una certezza nella sequenza che precede il finale, un vero e proprio ribaltamento morale rispetto a tutto ciò che lo spettatore aveva osservato e imparato nei minuti precedenti che non può assolutamente appartenere al bagaglio etico da lieto fine e che anzi è in realtà ben più vicino alla poetica perseguita nelle precedenti fatiche dell'autore di Snowpiercer (2013). Una poetica improntata a una totale disillusione nei confronti dell'essere umano e delle semplicistiche distinzioni morali tra buoni e malvagi, nata dalla consapevolezza di far parte di un mondo in gran parte grigio e privo di regole, nel quale soltanto la natura (per estensione gli animali) possiede una certa nobiltà spirituale.
A tanta cura per le sfumature narrative e recitative si aggiunge l'enorme talento visivo di Bong Joon-ho, capace di passare dalle panoramiche estremamente liriche nelle sequenze ambientate sui monti coreani agli adrenalinici inseguimenti tra le strade e la metro di Seul, fino alle claustrofobiche inquadrature negli squallidi mattatoi americani. In circa due ore il cineasta orientale riesce a mescolare registri formali provenienti dai più disparati generi o stili, senza mai perdere di vista i temi a lui cari ma al contempo deliziando la vista di qualsiasi amante delle belle immagini.
In conclusione consiglio veramente a chiunque la visione di Okja, specie a tutti coloro che, dopo averne letto la sinossi, tendono a ignorarlo in quanto semplice favoletta per bambini (perdonatemi l'off-topic ma la confusione tra i termini "fiaba" e favola" è veramente fastidiosa)e che invece si ricrederebbero dopo pochissimi minuti di visione.
Piccolo satellite orbitante attorno al pianeta Cinema ma con la forte attrazione anche per le altre arti e in particolare per quelle che più segnano la nostra contemporaneità: fumetto, videogame ecc. Fondamentale per me è che chi scriva qui abbia assoluta cognizione di causa (io ad esempio possiedo una laurea triennale al DAMS e una magistrale in scienze dello spettacolo). Auguro buona lettura e buona riflessione a chiunque voglia fermarsi su questo sperduto satellite della settima arte.
lunedì 7 agosto 2017
OKJA: LA FIABA ANTI-FIABE
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