lunedì 6 febbraio 2017

SPIDER-MAN 2: IL CINECOMIC D'AUTORE SECONDO RAIMI

Se è vero che nel nostro presente i cosiddetti cinecomic sembrano spuntare come funghi in ogni periodo dell'anno bisogna anche ricordare che basta tornare indietro di una decina di anni o poco più per ritrovare un mercato completamente diverso. Agli inizi del terzo millennio di pellicole tratte da fumetti più o meno famosi ne erano state girate già tante, con tanto di pietre miliari quali Superman (Richard Donner, 1978) o Batman (Tim Burton, 1989), eppure, come potete notare dai due esempi citati, la qualità media era sempre stata tarata verso il basso, soprattutto per le opere più recenti. A costituire un'eccezione e a dimostrare quanto ancora avesse da dire la commistione cinema/fumetto furono X-Men (Bryan Singer, 2000) e Spider-Man (Sam Raimi, 2002). Oggi ho deciso di proporre alla vostra attenzione il sequel del fortunatissimo blockbuster basato sul personaggio creato da Stan Lee e Steve Ditko: Spider-Man 2, diretto nel 2004 ancora una volta da Raimi con la conferma di gran parte del cast che aveva segnato il successo del prequel. Il lungometraggio, nonostante la storica difficolta dei seguiti a ripetere la qualità del primo episodio, si rivela un altro enorme successo al botteghino e ottiene un'accoglienza eccezionale dalla critica, che addirittura lo reputa superiore al film del 2002.

La trama si svolge circa due anni dopo quelle narrate nel prequel e vede Peter Parker (Tobey Maguire) costretto a destreggiarsi, con ben poca dimestichezza, tra i problemi della vita quotidiana e la sua attività di vigilante. A complicare ulteriormente il precario equilibrio raggiunto dal ragazzo si aggiungono il risentimento nei confronti di Spider-Man manifestato con sempre maggior rabbia dal suo migliore amico Harry (James Franco), la storia d'amore negata con Mary Jane (Kirsten Dunst) e l'incidente occorso al geniale scienziato Otto Octavius (Alfred Molina), che lo trasforma nel terribile Doctor Octopus.

Spesso i seguiti si limitano a riprendere la struttura portante dell'episodio precedente aumentando le dosi di ogni suo componente, esattamente come affermava Randy nella celeberrima sequenza di Scream 3 (Wes Craven, 2000) in cui elenca le regole di ogni trilogia, ma Spider-Man 2 non è diretto da un regista qualunque. La mente dietro la trilogia di Evil Dead sceglie di non limitarsi al compitino; al contrario applica al film con maggiore vigore il suo inconfondibile stile, ormai conscio di poter osare con successo nonostante i rischi comportati da un budget sterminato, rendendo il prodotto ben più personale rispetto al già ottimo predecessore. In fondo basterebbe constatare la struttura generale della pellicola per rendersi conto delle sue peculiarità: mentre quasi tutti i sequel, specie nel genere action, aumentano a dismisura le sequenze di lotta e di pari passo l'uso di effetti speciali in questo caso il cineasta statunitense si sofferma maggiormente sui problemi personali del protagonista, dando quindi più risalto all'introspezione rispetto all'azione, che in fin dei conti resta, seppur nella sua spettacolarità, relegate ad alcuni densi momenti. Raimi sceglie coraggiosamente di porre al centro dell'intero lungometraggio la scelta e i dubbi che la accompagnano all'interno del percorso umano di Peter, un ragazzo che si conferma ancora una volta in tutto e per tutto simile ai suoi coetanei di ogni dove, se soltanto non gravasse su di lui il peso di quei grandi poteri da cui derivano grandi responsabilità. Un peso che a un certo punto della narrazione finisce persino per schiacciarlo e fargli scegliere di abbandonare il supereroismo a favore di soddisfazioni più personali. In fondo chi potrebbe biasimare la sua scelta? Chi di noi non ha mai mollato? Tutti noi, soprattutto in quei momenti di passaggio da una fase all'alta della nostra vita, siamo caduti, abbiamo arrancato e proprio nel momento di maggior buio abbiamo trovato la luce, proprio come il personaggio interpretato da Tobey Maguire che si conferma uno dei supereroi più umani e quello più vicino al mondo dei giovani adulti.

Allo stesso modo risulta impossibile non provare una certa empatia anche con personaggi sul filo del rasoio morale come Harry e Octavius, entrambi alle prese con il dubbio proprio come il protagonista. Il giovane Osborn diventa sempre più assetato di vendetta nei confronti di Spider-Man eppure continua a considerare Peter un fratello, tanto che anche nel momento in cui scopre la sua seconda identità rinuncia alla vendetta. Lo scienziato interpretato da Alfred Molina appare inizialmente come un uomo passionale, innamorato del suo lavoro e ancor più di sua moglie ma nel momento in cui applica su di sé i tentacoli meccanici viene sopraffatto dalla loro intelligenza artificiale, che lo rende spietato; soltanto alla fine dell'ultimo scontro con Peter recupera la propria individualità e si trova anch'egli a dover scegliere tra la strada più semplice ma errata e quella giusta ma dura, proprio come il suo antagonista.

Come accennato in precedenza anche stilisticamente l'autore di Darkman (1990) opta proprio come i suoi personaggi per la strada più complicata ma vincente. Avendo ormai preso possesso dei mezzi tecnici adatti a destreggiarsi tra effetti speciali digitali e grandi dispieghi di mezzi il regista si permette di inserire molti dei suoi tocchi personali, a cominciare dall'immancabile quanto esilarante cameo dell'amico Bruce Campbell, e utilizzare la macchina da presa come meglio preferisce, regalando allo spettatore momenti di puro godimento estetico e cinefilo come la sequenza del risveglio in ospedale di Doctor Octopus, esemplare per movimenti di macchina, soggettive impossibili ad alta velocità e grado di violenza, tutti elementi che richiamano le pellicole horror di Raimi. A momenti quasi a cinema dell'orrore come quello appena descritto si avvicendando altri estremamente comici (basti pensare alla sequenza in ascensore) in grado di non stonare mai con il tono generale del film, altro carattere peculiare dello stile del cineasta del Michigan, il quale fin dal suo film d'esordio ha sempre saputo creare originali commistioni tra violenza e grottesca comicità.
Assolutamente di rilievo la prova di tutto il cast, specie le interpretazioni di Tobey Maguire, James Franco e J. K Simmons, che trova maggior spazio per dare sfogo alle strabordanti doti comiche del suo J. Jonah Jameson, così come sempre efficaci risultano le musiche composte da Danny Elfman, il cui stile resta inconfondibile ma anche adatto alla pellicola.
Tirando le somme Spider-Man 2 resta ancora oggi uno degli esiti più interessanti dell'incontro tra logiche produttive da blockbuster e autorialità, specie per il pubblico odierno abituato a decine di produzioni basate su supereroi cartacei che però hanno in gran parte rinunciato alla personalità che potrebbe dargli un autore conscio del proprio stile e della propria poetica, purtroppo anche per colpa di un pubblico pronto a punire severamente coloro che provano a osare.

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