sabato 17 luglio 2021

A BETTER TOMORROW 2: UN SEQUEL ALL'INSEGNA DEL DOPPIO

 Sono molti i film che finora ho analizzato all'interno dell'opera di John Woo, compreso quel A Better Tomorrow che ne lancia la carriera, in patria e all'estero, nel 1986. Oggi ho deciso di porre la mia attenzione proprio al seguito diretto di quell'enorme successo di critica e pubblico, A Better Tomorrow 2, uscito solamente a un anno di distanza dalla summenzionata pellicola nonostante una lavorazione tutt'altro che agevole. Sono ben noti i dissapori creatisi tra il regista e il collega Tsui Hark, amico di Woo e produttore del film, che, proprio a causa di divergenze artistiche e dell'esigenza di distribuire il loro lavoro più in fretta possibile, si trovano a montare parallelamente il girato, con un risultato finale di compromesso tra le due visioni. Pur soffrendo di una paternità contrastata il lungometraggio riceve all'uscita ottimi riscontri, permettendo a Tsui Hark di mettere in cantiere, stavolta con la completa autonomia sul progetto, un ulteriore capitolo della saga, da lui anche diretto.


Il film, dopo alcuni flashback che riassumono i fatti principali del prequel, segue ancora una volta le disavventure all'interno del mondo criminale di due fratelli, il giovane poliziotto Kit (Leslie Cheung) e l'ex malavitoso Tse-Ho (Ti Lung), ora recluso in carcere. Le strade della coppia si incrociano nuovamente quando entrambi vengono reclutati per un'operazione di polizia sotto copertura, tesa a smascherare i presunti traffici di denaro falso di Si Lung (Dean Shek), mentore proprio del più grande dei due. In realtà quest'ultimo, nel tentativo di redimere il proprio passato criminale, si trova coinvolto in una cospirazione ai suoi danni ordita da alcuni suoi soci in affari, che lo incastrano per omicidio, costringendolo alla fuga in America, dove viene aiutato da Ken (Chow Yun-Fat), gemello del Mark morto nel primo episodio. Braccati sia in Cina che negli USA dai killer della potente organizzazione mafiosa dietro il summenzionato complotto, i quattro saranno costretti a combattere per le proprie vite e l'onore.


Onore, un sostantivo fondamentale nel cinema di Woo e nella saga di A Better Tomorrow, a maggior ragione in questo sequel, che sembra abbinare a esso un altro vocabolo come linea guida: doppio. Tutto ciò che era presente nel capostipite viene moltiplicato, a cominciare dalla carismatica presenza di Chow Yun-Fat, che prima interpreta con estro ancora più potente Ken, per poi renderlo in maniera ancora più letterale un doppio del gemello Mark quando arriva a Hong Kong. Qui non solo decide di aiutare, fino al punto di rischiare la morte, Tse-Ho ma addirittura ne indossa gli abiti che lo hanno reso un vero fenomeno pop, ossia impermeabile lungo, occhiali da sole a specchio e fiammifero tra i denti. Persino la magniloquente sequenza in cui l'uomo fa strage dei oi assalitori a New York non può non ricordare la strage in slow motion con cui il fratello aveva tentato di vendicare il tradimento di Shing. 

Raddoppiato risulta anche il tasso di violenza rispetto al capitolo precedente, in special modo nel corso dell'iconico bloodshed finale, nel quale gli eroi da tre diventano quattro e il numero di cadaveri caduti dinanzi alla pioggia di piombo scatenata dai protagonisti raggiunge vette difficilmente riscontrabili persino nel genere slasher. Un bodycount esaltato dal magistrale uso del ralenti che sottolinea, come sempre accade nell'action made in Woo, la caratura etica e sentimentale della carneficina, il valore mitico del sacrificio di un pugno di eroi nel tentativo di affermare il proprio onore e i propri principi morali, in contrasto alla viltà nemica. Un epilogo che, oltre a citare quello del film del 1987, rievoca quella certa dose di nichilismo che permea il cosiddetto western revisionista, ossia la rielaborazione in chiave crepuscolare del genere americano per eccellenza operata da autori quali Sam Peckinpah e Clint Eastwood, per i quali buoni e cattivi non sono poi molto diversi e soltanto una morte onorevole può riscattare un passato deprecabile. Come samurai pronti anche all'estremo sacrificio pur di difendere l'onore (non a caso a un certo punto una katana sostituisce le pistole), Tse-Ho e i suoi amici fraterni si lanciano in una battaglia all'ultimo sangue quasi unicamente per vendicare una persona amata e ribadire che, se non in questa vita, almeno in quella prossima un uomo in grado di cambiare il proprio comportamento potrà godere del meritato compenso.

Moltiplicati risultano dunque anche gli equilibri precari tra action e melò tipici del cinema dell'autore di Face/Off (1997), come dimostra la carica emotiva donata alla morte di Kit dall'uso del montaggio alternato con  la nascita del figlio. Allo stesso modo persino le linee narrative subiscono un raddoppiamento, creando una sorta di analogia con quanto fatto da Francis Ford Coppola in uno dei sequel più celebri della settima arte, Il padrino - Parte II (The Godfather Part II, 1974). In questo caso ad aumentare non sono le coordinate temporali come nel corso dell'ascesa al potere di Michael Corleone, bensì quelle spaziali, con il racconto che si districa tra Hong Kong e New York, due megalopoli tanto lontane geograficamente quanto vicine per la depravazione morale che imperversa nelle strade. Ancora una volta torna dunque il tema della decadenza dei valori umani, tema tanto caro al cineasta cinese insieme alla sacralità dell'amicizia virile, altrettanto centrale nel corso delle disavventure dei quattro protagonisti succitati.

L'esasperazione di quanto già visto nel capitolo precedente non sempre giovano alla qualità di A Better Tomorrow 2, soprattutto per un pubblico occidentale sempre piuttosto guardingo nei confronti del peculiare patetismo di Woo, eppure la qualità nella forma, perfezionata rispetto all'iterazione del 1987, e il pathos con cui si conclude la pellicola rendono la visione assolutamente consigliata a qualunque appassionato di cinema.

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