lunedì 24 aprile 2017

A DANGEROUS METHOD: DALLA NUOVA CARNE ALLA RIVOLUZIONE DELLA PSICHE

Dopo una lunga serie di pellicole che ne hanno consacrato la fama di re del "body horror" David Cronenberg ha conosciuto, a partire da A History of Violence (2005), una fase di grande cambiamento nel proprio modo di fare cinema; un cambiamento stilistico che lo porta a presentare al Festival di Venezia del 2011 A Dangerous Method. Il film, già anomala rispetto alle precedenti in quanto adattamento scritto da Christopher Hampton di una propria pièce teatrale, spiazza la critica proprio a causa di un aspetto formale estremamente alieno a ciò che si sarebbe aspettata dal regista canadese, così le reazioni finiscono per rimproverare una certa incompiutezza all'opera. Messa da parte la mia predilezione del tutto personale per l'autore di Inseparabili (Dead Ringers, 1988), scopriamo adesso quanta verità si trova in tali giudizi.

Protagonisti assoluti di questa sorta di biopic sono i celebri padri della psicanalisi Sigmund Freud (Viggo Mortensen) e Carl Gustav Jung (Michael Fassbender), dei quali viene descritto l'incontro e il successivo mutevole percorso del loro rapporto. I due entrano in contatto attraverso una paziente dell'allora giovane Jung, la russa Sabina Spielrein (una Keira Knightley che purtroppo sfigura palesemente rispetto ai colleghi), la quale diventa prima aiutante del medico e poi persino amante. Attraverso la relazione sessuale, emotiva ma anche intellettuale con questa donna lo psicanalista svizzero compie un ripensamento totale delle teorie del proprio maestro e persino delle proprie convinzioni scientifiche e morali; una trasformazione tutt'altro che indolore.

Associare Cronenberg a generi ben codificati del cinema classico come la biografia e il melò deve essere sicuramente risultato piuttosto indigesto a chi si sarebbe aspettato quanto meno qualche esplosione di violenza se non l'horror degli esordi, un po' come in La promessa dell'assassino (Eastern Promises, 2007); eppure nonostante manchi tutto questo il lungometraggio in analisi rappresenta, a mio parere, una tappa dalla quale l'autore non poteva prescindere per coerenza con la propria poetica. Continuare a perseguire una data poetica non necessariamente implica un immobilismo stilistico e quindi trovo ingiusto rimproverare una ben ponderata scelta autoriale come quella applicata alla regia di A Dangerous Method, una direzione sobria ed elegante, scevra da sensazionalismi splatter o sessuali e che riprende, attraverso la fissità della macchina da presa e la lunghezza della inquadrature, l'origine teatrale del materiale messo in scena.

Nonostante l'insistenza della camera sui corpi persista anche in questa fatica del cineasta (si pensi alla inquadratura del sangue in seguito al primo rapporto sessuale della Spielrein o a quella dall'alto che vede quest'ultima e il suo amante abbracciati in una barca, simile a una bara), ciò che si trova a subire una vera e propria mutazione è stavolta la mente, o meglio il pensiero. Ciò che determina ogni dinamica tra i protagonisti è il mutamento delle convinzioni professionali e filosofico-morali di Jung, il quale inizialmente si dimostra fedele, quasi religiosamente, alle teorie del già celebre collega ma con il subentrare di nuove interessanti figure nella sua vita si ritrova a dover ripensare a tutti i propri principi. Sabina, non a caso una figura femminile, scombussola la rigida idea di famiglia borghese e di rapporto tra medico e paziente dell'uomo mentre la conoscenza approfondita con il padre della psicanalisi ne rivelerà il desiderio (quale ironia in questo) tipicamente freudiano di ammazzare il genitore, ossia di scrollarsi dalle spalle le idee ormai divenute dogmi del più anziano mentore per poter cercare la verità anche attraverso discipline parascientifiche. Fondamentale infine nel percorso di mutazione si rivela anche Otto Gross, un ex psicanalista (interpretato da Vincent Cassel) divenuto paziente dello svizzero che predica con incredibile carisma il ripudio della monogamia e di qualsivoglia limite imposto alla ricerca del piacere da parte dell'essere umano.

In conclusione A Dangerous Method , al netto di una forma che può spiazzare i fedeli di lungo corso della filmografia di Cronenberg, rappresenta un momento imprescindibile nel percorso da quest'ultimo affrontato da ormai decenni: il passaggio da una mutazione dell'uomo attraverso la concretezza della carne a una ottenuta tramite l'astrattezza del pensiero e della morale.

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