sabato 23 settembre 2023

IL COLLEZIONISTA DI CARTE: L'INESPIABILE COLPA INDIVIDUALE E COLLETTIVA

Sia nelle vesti di sceneggiatore, sia in quelle di regista e persino da saggista Paul Schrader continua ad arricchire il panorama cinematografico da ormai cinquant'anni, senza mai risultare vetusto o distaccato dall'incedere, sempre più rapido, della contemporaneità. Tornato sulla ribalta internazionale grazie a First Reformed (2019), nel corso dell'edizione 2021 del Festival di Venezia presenta, in concorso, Il collezionista di carte (The Card Counter), che pur senza ricevere un'adeguata distribuzione in sala ottiene il plauso unanime della critica, tanto da essere inserito anche in numerose classifiche dei migliori film dell'anno.


Protagonista della pellicola è William Tell (Oscar Isaac), abilissimo giocatore di carte reduce da otto anni di carcere per aver partecipato alle torture perpetrate dai soldati americani ai prigionieri ad Abu Ghraib. Nonostante l'abilità maturata nel contare le carte evita accuratamente di vincere grosse somme o di attirare l'attenzione dei professionisti, almeno fino a quando non incontra Cirk (Tye Sheridan), ventenne accecato dal proposito di vendicarsi dell'ex maggiore John Gordo (Willem Dafoe), colui che aveva insegnato sia a Tell che al padre del giovane i sistemi disumani di interrogatorio che hanno portato questi prima a picchiare moglie e figlio e poi al suicidio. L'ex soldato prende il ragazzo sotto la sua ala protettrice e contatta La Linda (Tiffany Haddish) per entrare nel giro dei grandi tornei di poker, così da guadagnare abbastanza per rimettere in carreggiata Cirk.


Fin dalle prime inquadrature è impossibile non notare le affinità tra Il collezionista di carte e i precedenti ritratti di individualità ai margini della filmografia schraderiana. Come Travis Bickle o Julian Kay di American Gigolò (Paul Schrader, 1980), Tell, il cui nome è un esplicito richiamo al mondo calvinista in cui il regista è sempre stato immerso, vive una sorta di infinita reclusione con cui tenta di espirare peccati commessi molti anni prima, peraltro non totalmente dipendenti dalla sua volontà. Sebbene non si trovi più in uno stato di cattività o all'interno di una sorta di microcosmo separato dal resto della società come quello di un esercito di stanza in un paese straniero, il protagonista rinuncia in prima istanza a ogni coinvolgimento con le dinamiche sociali del cittadino comune, come si denota dalla cura con cui rimuove ogni traccia del suo passaggio da qualunque motel in cui soggiorna. Motel che costituiscono soltanto una tipologia dei numerosi non-luoghi che permeano il lungometraggio, perfetti per rappresentare la transitorietà dell'umanità post-capitalistica, così come l'asetticità dell'esistenza da asceta del terzo millennio scelta da William. In contiguità con l'idea di un cinema trascendentale proposta da Schrader in una delle opere teoriche più note, il ritiro punitivo autoimposto viene interrotto da un improvvisa modificazione della routine che inserisce al suo interno un elemento che ne risveglia il lato più emotivo. Il rapporto con Cirk, che a un certo punto assume tratti quasi genitoriali, nasce evidentemente dall'inconscio desiderio del reduce di riportare sulla strada giusta una persona che ha vissuto esperienze simili alle sue senza però aver ancora macchiato la propria anima. Quasi come se il ragazzo corrispondesse al Tell prima della perdita dell'innocenza, questi mette da parte il proprio ritiro dalla mondanità per poterlo preservare dal diventare parte del Male, non rinnegando neanche più la possibilità di provare sentimenti, tanto da arrivare persino a intraprendere una relazione con una donna.


Nella Weltanschauung del regista di Mishima - Una vita in quattro capitoli (Mishima: A Life in Four Chapters, 1985) non sembra mai esserci davvero spazio per la redenzione, nessun gesto riesce a ripagare i debiti dei protagonisti e, mentre il mondo semplicemente dimentica l'orrore giustificato da mere questioni politiche portato avanti dal paese che si autoproclama leader morale del pianeta intero, il peccatore non può fare altro che continuare a tentare di espiare, sebbene l'inquadratura finale lasci un piccolo spazio per la speranza e l'amore.



Nessun commento:

Posta un commento