Da almeno un decennio il cinema d'azione hollywoodiano è stato fagocitato all'interno del più ampio (e ambiguo) genere del cinecomic, con l'unica eccezione di rilievo rappresentata dalle saghe di Fast and Furious e Mission Impossible, nate entrambe a cavallo dei due millenni ma in grado di trovare una seconda giovinezza con gli ultimi capitoli. Al di fuori di queste produzioni da blockbuster sembrava ci fosse poco spazio per lavori di spicco, capaci di farsi notare, fino a quando una coppia di ex stuntman non ha dato vita a John Wick, film del 2014 che, grazie all'enorme carisma di Keanu Reeves e alla notevole abilità dietro la macchina da presa di Chad Stahelski e David Leitch, ha saputo portare una ventata di aria fresca all'interno del genere, guardando anche a oriente e all'esperienza dei due sul set di Matrix (The Matrix, Lana e Lilly Wachowski, 1999). Il successo di critica e pubblico della pellicola ha permesso a Stahelski di dare vita a una vera e propria saga sull'elegante quanto letale killer, mentre Leitch ha deciso di esplorare nuovi lidi, all'interno dei quali figura il film che intendo analizzare oggi: Atomica bionda (Atomic Blonde, 2017), spy story con protagonista e produttrice la diva Charlize Theron. Sfruttando anche mediaticamente il clamore ottenuto da John Wick, il secondo lavoro del regista statunitense ha ottenuto ottimi incassi, a fronte di costi di produzione decisamente limitati per gli standard di Hollywood, e recensioni dello stesso livello.
Tratto dal graphic novel The Coldest City (Anthony Johnston, Sam Hart, 2012) il lungometraggio segue l'intricatissima missione affidata alla spia al dell'MI6 Lorraine Broughton (Charlize Theron), spedita dal governo britannico a Berlino proprio nei giorni che precedono la caduta del muro per recuperare una lista con nomi e informazioni su tutti i suoi colleghi dell'intelligence. La missione si rivelerà ben più complicata del previsto, specialmente considerando il clima che si vive nella città tedesca. Ogni spia sul territorio vuole quella lista e nessuno gioca davvero a carte scoperte, neanche David Percival (James McAvoy), agente da tempo di stanza a Berlino e per questo punto di riferimento per la protagonista.
Sebbene la campagna pubblicitaria abbia cavalcato con insistenza l'onda del successo di John Wick, questo Atomica bionda si rivela fin dalla prima sequenza un lavoro molto diverso, ben più aderente ai canoni della spy story. La narrazione, quasi completamente in flashback, mantiene per tutta la sua durata quell'ambiguità tipica del genere, non rinunciando neanche ad alcuni colpi di scena notevoli, trascinando lo spettatore in un racconto in cui si avverte sia istintivamente che razionalmente come ogni personaggio celi ben più di quanto sia immediatamente visibile e il confine tra bene e male, amici e nemici si assottiglia fino a rendere impossibile una distinzione. Certo il cinema spionistico è permeato da sempre da queste tematiche legate all'ambiguità morale e, in particolare, il nuovo corso della saga di 007 (quella con Daniel Craig nei panni dell'agente più famoso della settima arte) ha posto l'accento proprio sulla riflessione etica e i conflitti da essa causati, sia tra il protagonista e gli altri personaggi che all'interno dello stesso Bond. Insomma il secondo lungometraggio di Leitch pesca a piene mani dagli intrighi di potere e i traumi personali messi in scena da Martin Campbell, Marc Forster e Sam Mendes e non fa niente per nasconderlo, anzi sfida apertamente il mito immortale della spia creata da Ian Fleming opponendogli finalmente una donna. Se nella saga che ha reso un divo Sean Connery solitamente l'altro sesso è stato fonte di una dialettica puramente fisica ed erotica, nel film in analisi i ruoli vengono ribaltati e completamente riscritti. Lorraine interpreta la figura dell'agente segreto con charme sicuramente paragonabile a quello di 007 ma senza trasporre semplicemente all'interno della categoria donna il machismo del suo "collega": non utilizza mai gli uomini per appagare un insaziabile appetito sessuale, sfruttandoli invece solamente come mezzi per raggiungere i propri obbiettivi, mentre intrattiene una sola relazione erotica e per di più con un'altra donna, con la quale non si limita a consumare una notte di passione, bensì finisce per scoprire come non mai il suo vero io, quello nascosto dietro le maschere che ogni spia deve indossare per adempiere al suo dovere ("When you tell the truth you look different. Your eyes change" osserva la spia francese dopo aver fatto l'amore con Lorraine e quest'ultima risponde "Thanks for the warning […] Because it's going to get me killed one day").
La gelida spia interpretata da Charlize Theron rappresenta dunque un anti-Bond, una versione femminile che da doppio diventa un riflesso completamente distorto dell'altro, proprio come lo stile di Leitch diverge da quello dei colleghi alla regia della saga di 007. Recuperando in parte quanto già visto in John Wick, l'ex stuntman allestisce un impianto formale dominato dai colori acidi dei neon, praticamente onnipresenti in qualsiasi ambiente o edificio, rendendo di fatto evidente una volontà antinaturalistica impegnata a contornare una storia di maschere e superfici continue con un allestimento altrettanto profuso a un estetismo di pateriana memoria. Non esiste profondità nel mondo di spie che abita Berlino, o meglio questa viene nascosta così bene da richiedere un ricorso costante a inquadrature così composte ed eleganti nella loro totale inverosimiglianza da ricordare la pubblicità o quell'estetica al neon portata alla ribalta da Refn. Solamente un lunghissimo piano sequenza spezza questa bidimensionalità all'insegna dell'immagine come simulacro della realtà, non a caso quando il piano ordito dalla protagonista per portare finalmente in Occidente la lista fallisce, catapultandola improvvisamente dal piano del puro pensiero a quello della pura realtà. Quella in cui si deve lottare con le unghie e con i denti per non essere ammazzati.
In questo universo fatto da maschere più che personaggi appare ben più centrale dunque proprio la capitale tedesca, assurta al ruolo di vero round character infestato da una mandria impazzita di spettri divenuti ormai parassiti. I giovani guidano una rivolta continua, prima culturale e in seguito concreta, che appare come una bomba già innescata e pronta a esplodere, pronta a colpire tutti i residui di un passato contrassegnato dalla Guerra fredda e di conseguenza da tutti quegli agenti segreti di forze straniere che hanno combattuto un conflitto oscuro proprio sul territorio teutonico. La Berlino di Leitch è un adolescente finalmente arrivato alla soglia della freudiana uccisione del padre e dunque non è un caso che gran parte della colonna musica sia costituita da pezzi synt-pop di quel periodo, proprio il sound che permise ai ragazzi di entrambi i lati del muro di riunirsi e sconfiggere una divisione ormai insopportabile.
Atomica bionda è in definitiva un piacere per gli occhi per qualunque appassionato di cinema e un affresco tutt'altro che banalmente stereotipato sulla Berlino alle soglie della caduta del muro. La Berlino di Nena e dei New Order, delle spie che non bevono vodka martini e che non sono neanche più forzatamente uomini.
Piccolo satellite orbitante attorno al pianeta Cinema ma con la forte attrazione anche per le altre arti e in particolare per quelle che più segnano la nostra contemporaneità: fumetto, videogame ecc. Fondamentale per me è che chi scriva qui abbia assoluta cognizione di causa (io ad esempio possiedo una laurea triennale al DAMS e una magistrale in scienze dello spettacolo). Auguro buona lettura e buona riflessione a chiunque voglia fermarsi su questo sperduto satellite della settima arte.
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