mercoledì 18 luglio 2018

QUANTUM OF SOLACE: IL CREPUSCOLARE BOND FIRMATO MARC FORSTER

Nel 2006 con Casino Royale Martin Campbell e lo sceneggiatore Paul Haggis avevano destrutturato e ricostruito uno dei miti fondativi del cinema postclassico, quel James Bond che nonostante i cambi di interprete (da Sean Connery a Pierce Brosnan) sembrava immune a qualsiasi cambiamento di rilievo, fedele a certi vezzi che ne caratterizzavano il personaggio ancora prima di sentirlo pronunciare l'iconico frase "I'm Bond, James Bond" come l'inappagabile appetito sessuale, la passione per il vodka martini agitato non mescolato o gli innumerevoli gadget fantascientifici da mettere in mostra a ogni nuova avventura, divenuti ancora più rilevanti tramite le pellicole con Brosnan protagonista (tra le quali spicca proprio la regia del già citato Campbell GoldenEye del 1995). L'enorme successo critico e commerciale del soft reboot che aveva introdotto l'algido Daniel Craig nel ruolo della spia inglese spinge la MGM a mettere in cantiere un sequel, per la prima volta connesso diegeticamente al predecessore, e dunque scrittura per la regia, con una certa sorpresa, Marc Forster, autore poco avvezzo al cinema d'azione, affiancandolo alla penna di Haggis, ormai sinonimo di garanzia qualitativa. Il risultato del sodalizio porta il titolo di Quantum of Solace, ispirato da un racconto breve di Ian Fleming, che viene distribuito nel 2008 incassando quasi 600 milioni di dollari nel mondo ma cadendo sotto il peso delle spaventose aspettative generate da Casino Royale.

Il film in analisi riprende istantaneamente le fila del prequel mostrando l'inseguimento, ambientato a Siena, subito da Bond da parte degli scagnozzi di Mr. White (Jesper Christensen), criminale invischiato con la misteriosa organizzazione che controllava Le Chiffre (Mads Mikkelsen), villain del lungometraggio di Campbell, e dunque coinvolto nella morte della donna amata dal protagonista. Sopravvissuto all'agguato l'agente segreto si reca nella base segreta dei servizi inglesi nella cittadina toscana per interrogare il pericoloso prigioniero ma questi viene liberato da un infiltrato all'interno degli inglesi, rischiando peraltro di uccidere M (Judi Dench), direttore dell'Intelligence britannica. L'unica pista che collega il fuggitivo e l'organizzazione di cui fa parte risultano essere alcune banconote segnate connesse proprio con Le Chiffre e che conducono James in Bolivia, dove il magnate Dominic Greene (Mathieu Amalric) stringe accordi con il generale Medrano: in cambio di finanziamenti al golpe del militare il villain rivendica il possesso di un'area desertica da sfruttare per appropriarsi di tutte le risorse idriche del paese, con le quali intende tenere in scacco l'intera nazione e il proprio establishment politico. Con l'inaspettato aiuto dell'amante di Greene, Camille Montes (Olga Kurylenko), e dell'ex spia Mathis (Giancarlo Giannini) Bond tenta di fermare i loschi piani del nemico e al contempo di vendicare l'ex compagna, a costo anche di inimicarsi i servizi segreti inglesi e americani.

Persino dalla lunghezza e dal contenuto di questo piccolo sunto sulla pista narrativa di Quantum of Solace appare evidente come Forster abbia deciso di proseguire sulla via del rinnovamento introdotta dal predecessore e anzi aumentare ancora le distanze rispetto al passato della longeva saga. Mai prima d'ora vi era stato un sequel diretto da una delle pellicole bondiane e il film in oggetto comincia addirittura pochi minuti dopo il finale di Casino Royale, privando lo spettatore del celebre intro gunbarrel (la piccola sequenza iconica nella quale Bond viene inquadrato dall'interno della canna di una pistola mostrandolo mentre cammina da destra verso sinistra per poi sparare verso la cinepresa) almeno fino alla fine del film stesso, rimandando dunque anche l'entrata in scena del tema di 007, solitamente usato in funzione leitmotivica e invece del tutto assente in questo caso. Lo stesso agente segreto, sebbene abbia acquisito maggiore esperienze rispetto agli esordi mostrati nel reboot del 2006, si mostra ben diverso dall'elegante e ironico personaggio interpretato da Roger Moore o da Sean Connery: si limita a pochissime battute, peraltro piuttosto acide, si lascia andare alla seduzione femminile solamente in due occasioni e consuma un rapporto sessuale solamente in una di esse, non chiude occhio, beve compulsivamente e non solamente il celeberrimo vodka martini. Il bond dal volto arcigno di Daniel Craig è una figura tormentata, ossessionata dall'amore per Vesper (Eva Green) ma anche dal suo tradimento e dunque incapace di fidarsi del prossimo, costantemente in cerca di vendetta e privo di freni inibitori nella persecuzione di coloro che hanno architettato la morte della donna. Solamente la collisione con tre personaggi molto diversi tra loro riesce a riportare sul viale della ragione il protagonista e ad aiutarlo a combattere i propri demoni. Il primo di essi è proprio M, la donna che, come indirettamente confermato dallo stesso James, rappresenta un surrogato materno per la spia, capace di difenderlo anche quando ogni prova e qualsiasi potere forte sembra essergli contro, proprio come una madre che non può fare a meno di amare il proprio bambino a prescindere dagli errori che questi commette. Il secondo e forse fondamentale incontro che restituisce umanità al personaggio di Craig arriva dal passato ed è Mathis, la cui saggezza derivata da decenni vissuti guardandosi le spalle da chiunque gli permettono di capire meglio di chiunque altro il dolore e i dubbi del collega inglese e il suo sacrificio, reso ancora più potente dal punto di vista emotivo con  un abbraccio che ricorda l'iconografia della Pietà, sembra stappare il cuore bloccato e indurito di Bond, permettendogli così di potersi fidare di Camille, una "Bond-girl" che nega quasi ogni topos di questo ruolo scambiando un solo bacio con l'uomo e che condivide con lui l'ossessione per la vendetta.
Alla luce di quanto appena detto Forster, Haggis e Craig ritraggono uno 007 ben lontano dagli esempi del passato e molto più vicino agli antieroi portati sullo schermo, sia in quanto regista che attore, da Clint Eastwood (non a caso Paul Haggis ha scritto alcune sue pellicole come Million Dollar Baby del 2004 e Flags of Our Fathers del 2006); uomini consumati da esperienze regresse dolorose, difficili da accantonare e per questo restii a guardare al futuro poiché il passato costituisce per loro un'ancora troppo pesante da spostare. Ben più vicino al nuovo Bond appare la spia che ha segnato il terzo millennio cinematografico, quel Jason Bourne che nonostante soffra di amnesia non riesce a liberarsi dall'ombra di ciò che è stato e che, proprio come Craig in Quantum of Solace, fugge costantemente di paese in paese, da un continente all'altro inseguito più dai propri fantasmi che non da persone reali. La stessa Camille conferma con una breve battuta l'intero status emotivo e psicologico del protagonista dicendogli "Vorrei liberarti ma la tua prigione è qui dentro" (indicando con la mano la testa dell'uomo). Persino da un punto di vista prettamente formale il cineasta tedesco, alla sua prima regia action, opta per un utilizzo intenso della camera in spalle durante le sequenze più concitate, marchio di fabbrica dell'autore per eccellenza dell'autore della saga bourniana Paul Greengrass, al quale però aggiunge tocchi della propria estetica raffinata come il magistrale montaggio alternato che contraddistingue la sequenza dell'allestimento della Tosca.

Probabilmente Quantum of Solace paga per molti fan del mito bondiano la sua natura di transizione tra la rivoluzione totale espressa da Casino Royale e l'osannato blockbuster autoriale Skyfall (Sam Mendes, 2012) eppure non può essere negata la sua capacità di intrattenere e al contempo di scavare all'interno della psicologia di un personaggio che per sua natura, in quanto figura mitica, psicologia vera e propria non aveva e dunque la pellicola di Marc Forster resta uno dei più coraggiosi capitoli della saga, raffinato e rabbioso insieme.

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