venerdì 23 settembre 2016

UNFRIENDED: L'ERA DEL CYBER-EGOISMO

Presentato con grandi risultati al Fantasia Festival del 2014 (ancora con il titolo provvisorio di Cybernatural) ma arrivato nelle sale l'anno successivo, Unfriended è un atipico film horror diretto da Levan Gabriadze e prodotto dal cineasta kazako Timur Bekmambetov, autore di prodotti celebri come I guardiani della notte (Nochoy dozor; 2004) e Wanted (2008). La pellicola in questione è rapidamente divenuta un enorme successo economico, soprattutto a fronte del budget di produzione esiguo, ma ha anche ricevuto una buona accoglienza critica, specie per gli standard del cinema dell'orrore.

La trama riprende molti topoi dei cosiddetti teen horror che tanta fortuna ebbero verso la fine degli anni 90 (purtroppo tutti abbiamo visto I Know What You Did Last Summer diretto da Jim Gillespie nel 1997 e i suoi "agghiaccianti" seguiti) aggiornandoli però alla contemporaneità, un'era dominata dal web 2.0, i Macbook e soprattutto il cyberbullismo. La protagonista attraverso i cui occhi si svolge la narrazione è Blair (Shelley Hennig), la quale inizia una conversazione su Skype attraverso il suo portatile con il fidanzato Mitch per poi allargarla ad alcuni amici: Jess, la migliore amica, Adam, il (passatemi il termine ma è un ruolo archetipico del genere) "cazzone" figlio di papà del gruppo, Ken, il nerd esperto di informatica, e Val, la bella ma anche la più spietata con il prossimo. La loro conversazione è interrotta da un utente sconosciuto che vi si inserisce e il cui profilo sembra essere quello di Laura Barns, la ragazza suicida del video che si vede all'inizio del film e che è stata vittima di pesantissimi atti di cyberbullismo proprio a causa del suddetto video caricato su Youtube. Lo sconosciuto inizialmente sembrerebbe un troll (qualcuno che si diverte a provocare le persone in rete) che è riuscito a inserirsi nella chiamata del gruppo e cerca di far litigare i suoi componenti ma quando Val si suicida in diretta webcam allora i ragazzi si rendono conto di trovarsi al cospetto di una vendetta soprannaturale.

Se, come detto in precedenza, lo schema narrativo di Unfriended è tutt'altro che originale a renderlo una novità nel panorama cinematografico è la forma, in quanto la pellicola si rivela essere uno pseudo piano sequenza in soggettiva (la macchina da presa riprende ciò che vede Blair) girato in tempo reale di una videochiamata. Ciò che la mdp inquadra è soltanto (ad eccezione del concitato finale) lo schermo del pc della ragazza e quindi il regista decide di utilizzare, con una notevole efficacia, i nuovi mezzi di comunicazione per poter traghettare sullo schermo una narrazione priva di lacune; a tal fine utilizza i video su Youtube per creare i flashback, le playlist di Spotify come colonna musica e le webcam per poter inquadrare tutti i personaggi senza ricorrere al montaggio. L'effetto finale dello stile scelto da Gabriadze si rivela rispettoso della tradizione del racconto filmico classico ma al contempo pregna della tecnologia attuale e delle nuove forme di intrattenimento (si pensi alle web series o ai video dei cosiddetti youtubers), creando così una sorta di mockumentary 2.0.
Molti spettatori potrebbero però chiedersi se in fondo il film non sia soltanto un esperimento formale privo di sostanza e molti sono stati anche i critici che hanno lamentato una tale mancanza. Non a mio modesto parere. Probabilmente per comprendere il messaggio veicolato dal lungometraggio in analisi è necessario vivere in prima persona l'ambiente culturale in cui agiscono i protagonisti e quindi per una questione o anagrafica o di altezzosità snob di certa classe "intellettuale" molti riferimenti e situazioni tendono a sfuggire. Il fraintendimenti principale che ha colpito Unfriended credo che sia la questione del bullismo: senza dubbio è la molla che fa scattare l'intera vicenda e a livello superficiale permea l'intero lungometraggio, il quale però non è assolutamente un insipido saggio sull'argomento come in tanti (ribadisco soprattutto chi anagraficamente si trova troppo lontano dall'ambiente rappresentato) hanno pensato. Il vero tema che permea i personaggi, le azioni, insomma l'ecosistema intero mostrato sullo schermo è l'egoismo, la mancanza di rispetto nei confronti della dignità altrui a fronte dell'esasperata cura del proprio interesse personale. Uno a uno, specie nel momento in cui inizia il gioco "io non ho mai", tutti i personaggi rivelano le menzogne che tengono in piedi i loro rapporti interpersonali, le azioni poco edificanti che hanno compiuto alle spalle degli "amici" per un proprio tornaconto, talvolta anche misero. Su tutti in questo girone infernale (in realtà la vita di tutti i giorni) spicca proprio Blair, la quale inizialmente riveste il ruolo di protagonista vergine da slasher (sembrerebbe esserlo anche letteralmente e inoltre Mitch insiste sul fatto che ella non menta mai) ma con l'avanzare del minutaggio si rivela essere fedifraga, menzognera e persino l'artefice materiale del video che ha portato la sua ex amica Laura al suicidio (per non parlare delle decisioni volontarie di provocare la morte sia di Adam che del suo ragazzo. Quali certezza restano all'uomo contemporaneo se persino la sacralità della vergine lascia spazio all'abilità nel manipolare il prossimo?

In conclusione Unfriended pur con le sue ingenuità e senza aspirazioni autoriali di sorta pone numerosi quesiti e genera riflessioni non indifferenti nello spettatore, sul piano formale con il suo utilizzo delle attuali tecnologie informatiche e comunicative, sul piano narrativo con un ammodernamento del genere teen horror e persino sul piano etico.
Fatemi sapere cosa ne pensate.

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