martedì 20 novembre 2018

HARD BOILED: IL CULMINE DEL CINEMA DI JOHN WOO PRE-HOLLYWOOD

Per più di un decennio, tra la seconda metà degli anni Ottanta e la fine del millennio, il cinema action ha trovato la sua incarnazione più pura, capace di mettere d'accordo ogni tipo di spettatore e in qualsiasi parte del globo, in John Woo, autore di Hong Kong il cui linguaggio è ancora oggi ben radicato all'interno della stragrande maggioranza delle pellicole d'azione. La carriera di questo celebre regista potrebbe essere suddivisa in almeno tre macrosequenze, legate principalmente alle realtà produttive nelle quali si è trovato a lavorare: in particolare mi riferisco al trasferimento dalla madrepatria a Hollywood negli anni Novanta e il successivo ritorno a casa dopo sei lungometraggi americani. Oggi ho deciso di proporre all'attenzione l'ultimo film girato nell'ex colonia britannica prima del grande salto negli USA, Hard Boiled, diretto nel 1992 con buon successo in patria, anche se inferiore rispetto alle previsioni, ma soprattutto un vero e proprio boom in Occidente, dove riesce persino a surclassare il mito creatosi attorno a The Killer (1989).

Come in molti dei film di Woo protagonista è l'attore Chow Yun-Fat, stavolta nei panni non di un fuorilegge ma di un integerrimo sergente di polizia, Yuen detto Tequila, invischiato in un caso di contrabbando di armi. Nel tentativo di smascherare i propri bersagli l'uomo origina una sparatoria all'interno di una sala da tè con l'unico risultato di provocare la morte del suo collega e amico Benny insieme a quella di un infiltrato. Mentre il superiore del poliziotto tenta, invano, di allontanarlo dalla vicenda questi tenta di sorprendere i criminali all'interno di una fabbrica nella quale Johnny Wong (Anthony Wong), principale rivenditore clandestino di armi della città, ha appena eliminato la banda di zio Hoi. Nell'occasione Yuen si trova faccia a faccia con Alan (Tony Leung), astro nascente del crimine che si rivela in realtà un altro agente infiltrato nella malavita. I due si troveranno a dover collaborare per porre fine alle trame di Wong.

Quasi come a voler presagire il suo imminente spostamento verso una realtà produttiva e artistica completamente diversa rispetto a quella nella quale si è formato, John Woo crea attraverso Hard Boiled una sorta di summa del proprio percorso cinematografico, specie per quanto concerne quel periodo d'oro iniziato con A Better Tomorrow (1986). La scelta di porre sotto i riflettori un tutore della legge al posto di un criminale non modifica né la forma, né la poetica del regista, dimostrando ancora una volta come il confine etico tra i due fronti sia in realtà molto sottile, specie in frangenti di guerriglia urbana come le sparatorie tanto care a quest'ultimo. Proprio come nei precedenti lungometraggi non mancano i marchi di fabbrica dell'autore originario di Hong Kong, in primis i celeberrimi ralenti che, abbinati a un sapiente utilizzo del montaggio, conferiscono all'azione messa in scena un'essenza musicale, ritmica che le accomuna più a delle danze, delle coreografie rispetto a delle brutali uccisioni a suon di proiettili. Persino la completamente irrealistica onnipresenza delle stesse pallottole assume un ruolo chiave nel marcare la natura rarefatta, poetica delle sequenza action di Woo, in contrapposizione al tradizionale linguaggio in prosa del genere e del cinema narrativo classico in toto. Per il cineasta asiatico il racconto sembra dipanarsi maggiormente tra le traiettorie, i voli e il ritmo scandito dagli stacchi di montaggio delle suddette, lunghissime rappresaglie a suon di pistole e fucili che non nei dialoghi, i quali finiscono per divenire strumenti didascalici atti solamente a ribadire per l'ennesima volta ciò che già viene affermato con chiarezza dalla cinepresa, dalle armi da fuoco e dai corpi. Una impostazione narratologica dunque ben più affine a realtà teatrali quali l'intermezzo o la pantomima che non al romanzo, fonte di ispirazione principale per la narrazione del cinema classico, distaccandosi in tal senso dalla tradizione del proprio genere e non solo.
Persino dal punto di vista della poetica Woo resta ancora una volta fedele a se stesso e quindi unico all'interno degli schemi della classicità: l'amore tra il protagonista e la sua donna, elemento cardine della narrazione hollywoodiana, viene messo in secondo piano, quasi accennato solamente come specchietto per le allodole o per evitare interpretazioni omoerotiche, in luogo di un'analisi fortemente emotiva dell'amicizia virile, del legame che unisce due uomini all'interno di ambienti estremamente codificati dall'esaltazione del testosterone e dalla rimozione forzata degli slanci affettivi. Tequila e Alan non rappresentano solamente luci e ombre del mestiere del poliziotto, perennemente in bilico tra bene e male, ma anche due uomini profondamente soli, estranei a milieu che gli tarpano le ali e li costringono a condurre vite miserabili, sempre a rischio e nelle quali è impossibile intravedere una luce (proprio ciò che afferma di sognare il personaggio di Tony Leung). Diventa dunque evidente come l'intera trama a sfondo criminale e persino l'efficace analisi del dramma vissuto da tutti gli agenti sotto copertura non siano altro che traiettorie, variazioni utili al destino per poter mettere in contatto queste due esistenze tanto diverse quanto simili; un uomo e il suo riflesso in uno specchio costituito dal modo in cui affronta la realtà di tutore della legge (uno sfrontatamente, alla luce del sole, mentre l'altro nel buio, nascosto dietro infinite maschere). Il doppio, quella figura tanto cara a Hitchcock, De Palma ma anche allo stesso Woo, affascinato da esso dai tempi di The Killer a tal punto da girare negli Stati Uniti un'opera seminale in tal senso, Face/Off (1997).

Per quanto sembri paradossale per chiunque non mastichi la filmografia di questo autore o abbia delle riserve sul cinema action in genere, Hard Boiled rappresenta un abisso gnoseologico e linguistico circa le possibilità espressive e formali offerte dalla padronanza dei canoni, dalla capacità di ribaltarli e dalla visionarietà di un regista. Se si dovesse sintetizzare in circa due ore il John Woo pre-Hollywood direi che sarebbe piuttosto esaustiva la visione di questo film.

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