giovedì 15 novembre 2018

DEATH NOTE: LA CRISI DELL'UOMO CONTEMPORANEO NELLA SERIALITÀ ANIMATA

Fino a oggi mi sono sempre occupato solamente di lungometraggi, con l'unica eccezione rappresentata dalle prime due stagioni di Daredevil (Drew Goddard, 2015-), eppure adesso mi preme porre l'accento per la prima volta su un prodotto seriale animato, per la precisione uno degli anime giapponesi più noti anche in Europa: Death Note (2006-2007). Diretto da Tetsuro Araki questo adattamento del celebre manga omonimo (2003-2006) ideato da Tsugumi Oba e illustrato da Takeshi Obata rappresenta per me un ottimo banco di prova con questo tipo di produzioni (solamente nella mia tesi magistrale ho avuto l'occasione di analizzare numerose serie animate, anche se in quel caso di origine statunitense) ma soprattutto un'opera che dopo più di dieci anni dalla sua prima, trionfale messa in onda diventa sempre più attuale.

Protagonista dei trentasette episodi che costituiscono il serial è Light Yagami, studente modello nipponico dotato di un acume tale da aver aiutato più volte la polizia, all'interno della quale svolge un ruolo di rilievo suo padre, a risolvere casi intricati. La monotonia della quotidianità del ragazzo viene spezzata dal ritrovamento, apparentemente casuale, di un quaderno chiamato Death Note: una volta raccolto il giovane ne diventa proprietario e così conosce Ryuk, uno shinigami (divinità della morte) che ha lasciato cadere il suddetto quaderno sulla Terra. Questi spiega al giovane che l'oggetto rappresenta lo strumento tramite il quale i suoi simili possono uccidere gli esseri umani semplicemente scrivendovi il nome, a patto di conoscerne anche il viso. Ryuk spiega al nuovo possessore del Death Note le regole principali del suo utilizzo e Light decide di sua iniziativa di farne un uso tutt'altro che banale, ossia di renderlo lo strumento per cambiare il mondo uccidendo tutti i criminali del mondo. L'escalation di morti di questo tipo di persone finisce per preoccupare le autorità di tutto il globo, a tal punto da costringerle ad affidarsi a un misterioso investigatore del quale nessuno conosce la vera identità ma soltanto il nickname Elle. Questi si rende conto immediatamente che dietro alle uccisioni si cela una sola, diabolica mente e arriva addirittura a sospettare velocemente proprio di Light dando inizio a un'estenuante gara di astuzia tra i due.

Sebbene sia evidentemente distante dagli standard di longevità di gran parte delle più note serie animate nipponiche Death Note consta di una impronta narratologica molto forte e dunque soffermarsi oltre sul dipanarsi del racconto in esso messo in scena rischia di corrompere irrimediabilmente una eventuale prima visione, proprio come nei migliori thriller. Tra le numerose false piste, divagazioni e storie secondarie allestite in sede di sceneggiatura è certamente lo scontro, in certi momenti addirittura fisico, tra Light ed Elle il cuore dell'anime. Nonostante si trovino, specie inizialmente, su due versanti opposti è evidente l'ambiguità relativa alle presunte differenze che renderebbero il primo un criminale e l'altro un paladino della giustizia: entrambi agiscono spinti principalmente dal perseguimento di un proprio concetto di giustizia, sia l'uno che l'altro perseguono la caccia al nemico con metodi che sfociano quasi sempre nell'illegalità e forti di personalità estremamente peculiari finiscono per creare dei solchi di solitudine tracciati dalla diffidenza nei loro riguardi da parte anche delle persone più vicine. Non è un caso che questa coppia di nemici finisca con il collaborare in nome di una caccia al colpevole che assume connotati mitologici, simili alla lotta contro il male dei protagonisti di Dracula di Bram Stoker (Bram Stoker's Dracula, Francis Ford Coppola, 1992); una crociata tanto estenuante da costringere che si ritiene dalla parte del bene a perdere quasi ogni certezza etica. Esemplare di tale esiguità nella distinzione tra giusto e sbagliato è proprio la scelta di rendere protagonista delle vicende narrate Yagami, un ragazzo in piena fase di maturazione che, soggiogato dall'enorme potere ricevuto, finisce per crescere divenendo un adulto completamente avulso ai legami e ai sentimenti umani, sprezzante dei vincoli della società umana a tal punto da ritenersi un dio, un essere al di sopra dei concetti mortali di morale e asservito solamente a un cocktail di giustizia integralista ed edonistica volontà di affermare la propria intelligenza su quella degli altri uomini. Light appare una personificazione esemplare di una lettura apocalittica dei concetti di oltreuomo e volontà di potenza nietzschiani, specie per quanto concerne proprio l'indifferenza verso i limiti sociali e morali di quell'essere umano nel quale ormai non si riconosce più.

A ben vedere anche Elle si dimostra tenacemente avulso all'assetto socio-politico umano: non rivela la propria identità, vive in una sorta di isolamento autoimposto che lo esclude da ogni gruppo umano e intrattiene legami con il prossimo puramente formali o di convenienza per la risoluzione del rompicapo Kira, provocando in tal mondo l'incredulità o addirittura l'indignazione degli altri addetti alla cattura del killer di criminali. Il protagonista e il suo rivale costituiscono dunque due facce della medesima moneta, due esistenze profondamente sole e incapaci di trovare una definizione certa della propria essenza, perennemente in bilico tra l'umano e l'oltreuomo. Una declinazione simbolica e corporea di quella frammentazione dell'io che costituisce la condizione esistenziale tipica dell'uomo contemporaneo, la stessa portata sul grande schermo con straordinaria capacità immaginifica ed epistemologica da cineasti quali Christopher Nolan, David Fincher e soprattutto Michael Mann, la cui filmografia risulta costantemente incentrata proprio sul tema del doppio e che nel 1995 aveva diretto Heat - La sfida (Heat), apoteosi di tale riflessione resa concreta, palpabile dallo scontro tra Robert De Niro e Al Pacino, i cui personaggi (un ladro e un poliziotto) non possono non essere considerati precursori della coppia nata dalla mente di Oba. L'incontro in un ristorante trasformatosi in una vera e propria battaglia di intelletti tra Light ed Elle ricorda fin troppo l'indimenticabile e unica sequenza nella quale i due rivali della pellicola citata si incontrano, proprio al tavolo di un ristorante. La successiva introduzione dei due sostituti del singolare detective, Near e Mello, non fa che aumentare il gioco dei doppi e dunque confermare l'importanza della scissione identitaria del soggetto all'interno del mondo contemporaneo, incapace ormai di poter offrire agli spettatori persino semplici esempi di eroe e antagonista da cinema classico.

Forte di una complessa riflessione sulla natura dell'uomo in un contesto cronologico e sociale come quello attuale, sul concetto morale di giustizia in tempi tanto ambigui, tanto tumultuosi da decretare il successo politico e personale di figure per certi versi non troppo distanti dalle idee di Kira, Death Note rappresenta un'opera di particolare fascino all'interno dell'universo degli anime, anche in virtù di una impostazione formale decisamente debitrice del linguaggio cinematografico, come dimostrano le potentissime sequenze musicali nelle quali Light decreta la morte del prossimo con una gestualità da direttore d'orchestra, in sincrono perfetto con le straordinarie composizioni originali di Yoshihisa Hirano e Hideki Taniuchi, così come gli split screen in pieno stile Brian De Palma in alcuni dei momenti più tesi dello scontro Kira-Elle.

 

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