giovedì 1 novembre 2018

SINISTER 2: IL DIABOLICO VIZIO DELL'ESPLICITAZIONE

Nel 2012 Scott Derrickson aveva mostrato attraverso il suo Sinister quanto l'horror a stelle e strisce fosse ancora vivo, libero dall'overdose di remake dell'inizio del terzo millennio e capace di leggere le derive contemporanee della settima arte e del complesso rapporto tra spettatori e immagini. Un film del quale ancora non viene riconosciuto il pieno potenziale ma che aveva comunque incassato molto bene al box office, permettendo al suo regista di entrare nelle grazie dei Marvel Studios. Ovviamente un successo del genere non poteva non stuzzicare l'interesse del produttore Jason Blum verso un seguito e così nel 2015 è giunto nelle sale Sinister 2, co-scritto ancora una volta dall'autore di Doctor Strange (2016) ma diretto da Ciaran Foy. A differenza del suo predecessore il lungometraggio ottiene discreti incassi al botteghino ma viene demolito dalla critica in tutto il globo, probabilmente anche per le alte aspettative dovute ai risultati sorprendenti della pellicola con protagonista Ethan Hawke.

Ambientato cronologicamente in un periodo non troppo futuro rispetto al prequel il film promuove al ruolo principale il personaggio del vicesceriffo anonimo (James Ransone) che aveva tentato di aiutare il romanziere Ellison Oswalt a venire a capo delle misteriose stragi familiare legate al culto di Bughuul, un demone che attraverso la rappresentazione della propria immagine entra in contatto con i bambini dei quali divora progressivamente l'anima. Proprio a causa dell'aiuto offerto al deceduto amico l'uomo ha perso il proprio lavoro e si mantiene come investigatore privato mentre continua a indagare sulla scia di morte causata dall'entità maligna, tentando anche di bloccarla dando fuoco alle case in cui sono avvenuti i delitti. Le sue indagini lo portano a entrare in contatto con Courtney (Shannyn Sossamon), giovane madre fuggita dal marito violento per salvaguardare i suoi due figli Dylan e Zach. Sebbene la donna sappia di vivere sulla scena di un efferato crimine è totalmente all'oscuro delle implicazioni demoniache dietro a esso e soprattutto del rapporto creatosi tra i due bambini e le presenze di quelli soggiogati in passato da Bughuul, pronti a trasformare uno dei due nel prossimo strumento di morte di quest'ultimo.

Molto spesso nella creazione di seguiti, siano essi cinematografici, televisivi o persino videoludici, una delle direzioni più praticate può essere riassunta nell'assioma "the bigger the better", ossia in una riproposizione sostanziale dei motivi estetici e narrativi del predecessore con un innalzamento quantitativo degli stessi. In parole povere una sorta di remake ingigantito e ambientato diegeticamente in un diverso spazio cronologico. Sinister 2 possiede il merito di tentare una strada differente, di cercare di affrancarsi dalla formula del prequel ma il grave difetto di fermarsi a metà del tragitto. Non essendo più presente la figura centripeta dello scrittore ossessionato dalla fama e dagli omicidi il film di Foy sembra voler percorrere il sentiero della discesa nella follia da un duplice punto di vista: quello da horror fantastico, quasi in stile Del Toro, legato alla fascinazione dei figli di Courtney verso le lusinghe dei bambini di Bughuul, e quello più terreno del mondo degli adulti, il quale si muove su territori più attinenti al thriller in bilico tra la detection dell'ex vicesceriffo e la fuga della già citata donna da un consorte orco, capace di utilizzare tutta la propria influenza economica e politica pur di continuare a seviziare la propria famiglia. Nel delineare questa duplice natura la pellicola perde naturalmente la compattezza del prequel, la sua capacità di agire per sottrazione e ribaltamento dei codici del genere di pertinenza ma soprattutto quella rarissima sottigliezza, raffinatezza con cui allestiva un discorso di notevole potenza metalinguistica e, in particolare, metacinematografica. In questo sequel il regista irlandese, ben conscio del potenziale emotivo e filosofico di tali tematiche, non abbandona la possibile lettura di riflessione sul cinema e sulle responsabilità morali sia di chi gira che di chi guarda e anzi amplifica la presenza di cineprese in Super 8, proiezioni, snuff movie e a essi aggiunge persino l'elemento multimediale tramite la radio, scopertosi ulteriore veicolo di contatto tra il mondo degli uomini e Bughuul. Come afferma puntualmente il protagonista il demone riesce ad agire sulla nostra realtà tramite la riproduzione della sua immagine, la proliferazione di prodotti audiovisivi che conservino traccia della sua esistenza e tramite questi riesce a sedurre le menti influenzabili delle sue vittime, i bambini. Appare chiaro l'atto di accusa o quantomeno di allerta verso la creazione di immagini violente e l'effetto di piacere smodato che possono produrre negli spettatori più giovani, un potere pornografico che privato di una adeguata educazione all'immagine, allo sguardo e alle sue implicazioni etiche ha portato a una crescente desensibilizzazione alla crudeltà e a una visione ludica della morte, come di qualcosa di estraneo alla situazione di vita quotidiana e scevra da conseguenze che affliggano quest'ultima.

Il problema di Sinister 2 risulta dunque non nelle intenzioni ma nella realizzazione, in una forma tanto mediocre e povera di scatti immaginifici da non riuscire a stare al passo delle proprie ambizioni, così come la sceneggiatura pare aver dimenticato quanto il cinema sia un'arte che racconta prima di tutto per immagini e che dunque l'ellissi verbale spesso risulta un dono, specie all'interno di una parabola metaforica e in bilico tra diversi piani del reale come la battaglia tra l'anonimo protagonista e il divoratore di bambini. Forse nelle mani di Derrickson sarebbe potuto arrivare sul grande schermo un prodotto meno titubante e più consapevole della forza delle immagini, come d'altronde dimostra la psichedelia estetica di Doctor Strange, ma non potremo mai saperlo.

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