giovedì 26 luglio 2018

THE VOID: IL NEW HORROR AI TEMPI DEL CROWDFUNDING

Nel corso degli ultimi anni il fenomeno economico e mediale del "crowdfunding", ossia del finanziamento online di un dato progetto tramite offerte libere da parte degli utenti della rete, ha conosciuto un grande sviluppo rivelandosi un ottimo sistema produttivo per quei creativi indipendenti privi di qualsiasi produttore alle loro spalle. Molti videogame, album musicali o persino dispositivi di realtà virtuale hanno potuto vedere la luce attraverso le donazioni, in cambio di alcuni premi prefissati a seconda dell'entità della stessa, di fan o semplici curiosi attirati dalle idee messe in mostra dal richiedente. Tra i progetti andati fortunatamente in porto trova il suo posto d'onore anche The Void, pellicola horror il cui modestissimo budget è costituito per la maggior parte dal denaro raccolto attraverso il sistema appena citato e diretta dal duo di esperti di effetti speciali Jeremy Gillespie e Steven Kostanski. Nonostante il limitato capitale a disposizione, specie per un prodotto statunitense, il film riesce a essere distribuito in alcune sale americane e a raggiungere il resto del mondo in home video, riscontrando buoni risultati economici e ottime recensioni dalla critica di genere.

Al centro delle vicende narrate si trova un gruppo non esattamente affiatato di individui trovatisi loro malgrado a non poter abbandonare un poco attrezzato ospedale nella provincia americana: il vicesceriffo Daniel, sua moglie e infermiera Allison, il dottor Powell, la tirocinante Kim, una ragazza incinta di nome Maggie accompagnata dal nonno e James, un tossicodipendente soccorso dallo stesso Daniel e dunque causa della sua presenza nell'edificio. Senza alcun apparente motivo i presenti vengono costretti a non abbandonare l'ospedale da una folta e sinistra schiera di uomini incappucciati mentre altri dei presenti si tramutano in esseri mostruosi e assetati di sangue. L'improvviso irrompere nella struttura da parte di Vincent, un irruento uomo armato, e suo figlio muto Simon complicano ancora di più la convivenza all'interno del gruppo, mentre appare chiara la presenza di oscuri segreti all'interno dell'ospedale.

Dopo pochi minuti dall'inizio di The Void appaiono piuttosto esplicitamente molti dei riferimenti che hanno accompagnato nella realizzazione dello stesso la coppia di registi. Se, come sbandierato da molte recensioni sia anglofone che italiane, il modello Carpenter guida i due specialmente per quanto concerne i tipi, i caratteri che formano il gruppo di protagonisti e la loro condizione di reclusi (in realtà tale espediente narratologico andrebbe ricondotto ad autori precedenti e ben noti al regista di Halloween del 1978 come David Wark Griffith o Howard Hawks) mi sembrano ben più forti le ispirazioni provenienti dalla mitologia di H. P. Lovecraft, da Hellraiser (Clive Barker, 1987) e Silent Hill, il videogioco prodotto da Konami nel 1999 e successivamente trasposto cinematograficamente da Christoph Gans. Queste tre fonti si rivelano delle vere e proprie guide, delle bussole alle quali i registi si affidano sia sul versante poetico che formale, come dimostra l'abbondante ricorso a effetti speciali completamente artigianali e privi di CGI per creare deformità e mostri estremamente carnali, fisici in grado di mutare nel corso della stessa inquadratura dando vita a immagini gore ricche di elementi fallici e altri riferimenti sessuali (si pensi alla costanza con la quale le uccisioni prevedano che i corpi vengano trapassati da coltelli, accette o aste metalliche), richiamando alla mente la patologica  coesistenza di Eros e Thanatos alla base del lungometraggio su Pinhead. Della serie videoludica apparsa per la prima volta sulla prima Playstation Gillespei e Kostanski abbracciano la claustrofobia generata da stretti e tetri corridoi colorati solamente dal rosso ramato del sangue così come lo stesso setting ospedaliero e le sovrannaturali quanto improvvise mutazioni dell'ambiente in cui agiscono i protagonisti dimostrano l'ascendenza da tali videogame.

A questo punto potreste pensare che la pellicola in analisi rappresenti l'ennesimo prodotto dell'ondata di nostalgia verso gli anni '80 e '90 che ha sancito il successo di remake quali It (Andy Muschietti, 2017) o il serial televisivo Stranger Things (Matt e Ross Duffer, 2016-) ma il lavoro in questione si distingue per il sottile equilibrio con il quale da un lato evita di nascondere meschinamente i grossi debiti nei confronti di decenni di cinema di genere, soprattutto di quel new horror nato nel corso dell'esplosione del fenomeno Hollywood Reinassance grazie a registi come lo stesso John Carpenter,e dall'altro rielabora le lezioni impartite dai riferimenti appena evidenziati attraverso inquadrature molto ben costruite dal punto di vista della composizione, un montaggio molto più rapido e un ottima alternanza tra azione e sequenze oniriche che sfiorano sempre più il metafisico verso il finale.
Probabilmente con un budget più consistente e uno sceneggiatore più coraggioso The Void avrebbe potuto eccellere semplicemente donando maggiore rigore e spessore immaginifico ai suddetti momenti trascendenti, i quali, pur affascinando lo spettatore attraverso l'inquietudine provocata dall'onnipresente motivo geometrico del triangolo o dalle immobili figure incappucciate, appaiono non così potenti da sopperire attraverso le immagini alle ellissi su tematiche di sicuro interesse come le dialettiche vita-morte e genitori-figli. Nonostante ciò il film resta un prodotto consigliato senza remore e in grado di soddisfare i palati di ogni appassionato di cinema dell'orrore.

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