Nato come primo (e ultimo) esperimento televisivo del celebre Studio Ghibli con alla regia un giovane animatore, Si sente il mare viene mandato in onda in Giappone nel 1993 e alcuni mesi dopo distribuito nelle sale cinematografiche. L'opera diretta da Tomomi Mochizuki non riuscì nell'intento di avviare una serie di prodotti televisivi della casa di produzione a basso budget, proprio a causa dell'aumento imprevisto dei costi di produzione, ma ha ottenuto nel corso degli anni un ottimo riscontro critico che ha portato i distributori italiani a doppiarlo e, finalmente, renderlo reperibile nel nostro paese lo scorso anno.
Il film esplora, attraverso vari salti temporali in entrambe le direzioni, il triangolo sentimentale che viene a crearsi in maniera quasi involontaria tra studenti delle superiori: il protagonista Morisaki, il suo migliore amico Matsuno e la nuova arrivata a scuola Muto. Inizialmente è Matsuno a invaghirsi della ragazza arrivata da Tokyo, tanto da assillare spesso l'amico con le tipiche paranoie dei giovani amori, eppure durante una gita scolastica ad avvicinarsi sempre più sono gli altri due componenti di questo triangolo, superando le maschere che indossano davanti alla maggior parte delle persone ma non senza tensioni e incomprensioni.
Appare più che lapalissiano quanto il lungometraggio non inventi assolutamente nulla da un punto di vista prettamente narrativo, anzi piuttosto non fa niente per nascondere l'aderenza a certi canoni dello studio giapponese. A compensare la mancanza di originalità è, cosa tutt'altro che banale, il tono generale con il quale l'autore affronta un tema esplorato in lungo e in largo come la scoperta dell'amore e il passaggio dall'adolescenza all'età adulta: non ci sono momenti di sensazionalismo o presunte esplosioni ormonali tipiche di tanta narrativa "coming of age", bensì piccoli frammenti di vita quotidiana, esperienze che tutti noi abbiamo potuto esperire senza dargli inutili e pesanti toni epici o melodrammatici. Sequenze come la notte in hotel passata da Morisaki e Muto sono piccoli gioielli di semplicità emotiva, di onestà nella scrittura che non possono non riesumare ricordi lontani nella mente di qualsiasi spettatore.
Ovviamente non sarebbe possibile ottenere tanta delicata potenza emotiva senza una cura formale degna di questo nome. La qualità di disegni e animazioni si avvicina molto ai migliori prodotti di Isao Takahata, nonostante il budget minore, così come la scelta di inquadrature fisse ricche di giochi prospettici e con una durata spesso prolungata, una dilatazione dei tempi che permette una maggiore riflessione e reminiscenza nel pubblico. Tutt'altro che casuali sono le numerose vedute del mare, una presenza costante per tutta la durata del film che assume molteplici valenze simboliche, come la mutevolezza che accomuna le onde e le emozioni umane.
Si sente il mare si può considerare, in definitiva, un'esperienza filmica tutt'altro che mediocre o dimenticabile come molti giudizi italiani l'hanno definita; piuttosto la definirei una di quelle piccole gioie vissute durante gli anni della scuola e che con il passare del tempo, attraverso il costante lavoro della memoria, diventa un ricordo capace di farci sorridere.
Piccolo satellite orbitante attorno al pianeta Cinema ma con la forte attrazione anche per le altre arti e in particolare per quelle che più segnano la nostra contemporaneità: fumetto, videogame ecc. Fondamentale per me è che chi scriva qui abbia assoluta cognizione di causa (io ad esempio possiedo una laurea triennale al DAMS e una magistrale in scienze dello spettacolo). Auguro buona lettura e buona riflessione a chiunque voglia fermarsi su questo sperduto satellite della settima arte.
venerdì 14 luglio 2017
SI SENTE IL MARE: L'AMORE ADOLESCENZIALE TRA LIRISMO E SEMPLICITÀ
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