lunedì 9 settembre 2019

STARSHIP TROOPERS: BILDUNGSROMAN AI TEMPI DEL NAZISMO DEL XXIII SECOLO

Tra gli anni Ottanta e Novanta Paul Verhoeven è stato indubbiamente tra i registi europei maggiormente apprezzati a Hollywood, il cui apice a livello commerciale resta Basic Instinct del 1992. Prima di filmare il thriller erotico con Micheal Douglas il cineasta olandese aveva però realizzato un dittico fantascientifico nel quale, attraverso proprio il filtro sci-fi, aveva potuto esprimere a pieno la propria poetica anche all'interno delle logiche commerciali statunitensi: mi riferisco alla coppia formata da RoboCop (1987), primo vero exploit al botteghino del regista, e Atto di forza (Total Recall, 1990). Il dittico in questione nel 1997 diventa un trittico o vera e propria trilogia fantascientifica con l'arrivo di Starship Troopers - Fanteria dello spazio (semplicemente Starship Troopers in originale). Basato sul controverso romanzo omonimo scritto nel 1959 da Robert A. Heinlein, il film viene accolto tiepidamente dalla critica, distratta probabilmente dalle polemiche relativa alla suddetta fonte letteraria o dai notevoli effetti speciali, e anche al botteghino riesce a riportare un profitto minimo soltanto grazie ai proventi del mercato internazionale. Oggi l'opera è considerata un cult, rivalutata anche da molte recensioni retroattive, e adesso scopriremo perché.

Ambientato in un ipotetico futuro in cui l'umanità intera vive sotto un unico regime, il lungometraggio segue il percorso di maturazione di Johnny Rico (Casper Van Dien), neodiplomato di Buenos Aires che, ispirato dalle lezioni del professor Rasczak (Michael Ironside) ma soprattutto dalla volontà di seguire la fidanzata Carmen (Denise Richards), decide, contro il volere dei genitori, di arruolarsi. Partiti alla volta della leva di due anni, il protagonista, Carmen e il loro migliore amico Carl (Neil Patrick Harris) vengono divisi a seconda delle attitudini in tre diversi corpi: fanteria per il primo, aeronautica per il secondo e intelligence per l'altro. Nonostante la promessa di restare per sempre amici la vita militare cambierà per sempre le loro vite, specialmente nel momento in cui l'umanità dichiarerà guerra a una razza aliena nota come "aracnidi", rea di aver polverizzato proprio la città argentina.

Nato inizialmente come progetto sci-fi originale e solamente in seguito connesso al romanzo di Heinlein, Starship Troopers si concede molte licenze poetica rispetto alla fonte cartacea ma, soprattutto, viene girato con l'obbiettivo primario da parte di Verhoeven di metterne alla berlina le istanze in esso contenute ritenute enfaticamente militariste e fasciste. Il regista olandese, cresciuto proprio sotto la dominazione nazista, aveva già dimostrato in RoboCop di essere molto sensibile a questi temi e in questa pellicola riutilizza ancora una volta l'arma della satira per smascherare i pericoli legati alle derive autoritarie del potere politico. Proprio come nella precedente opera il ricorso frequente a filmati di giornalismo dietro i quali si cela una tutt'altro che velata propaganda assurgono il ruolo principale in questo lavoro di mettere alla berlina le conseguenze dell'estremismo di destra, del quale il regista critica in particolare la volontà di disumanizzare il singolo individuo fino a renderlo una macchina al servizio dello stato. Nel caso specifico del regime vigente nel XXIII secolo immaginato all'interno del lungometraggio la deriva estremista dell'idealismo hegeliano si riflette principalmente in un militarismo esasperato: per ottenere la cittadinanza e dunque le piene libertà politiche e individuali i civili (si pensi all'uso che fa di questa parola Rasczak) devono arruolarsi nell'esercito per almeno due anni, nei quali si rivelano poi diventare vera e propria carne da macello per qualsivoglia intervento militare.
All'interno di questo desolante contesto Verhoeven racconta il Bildungroman di Rico, tipico liceale nelle sequenze ambientate prima della leva militare ma che poi finisce per attraversare le tipiche fasi della maturazione (delusioni amorose, tradimenti, assunzione delle proprie responsabilità, perdita dei genitori ecc.) in un milieu intriso di odio per il diverso e disumanizzazione imperante. Significativa di questa crescita che porta a una costante perdita di umanità del giovane uomo è l'impassibilità che mostra nei riguardi dell'ex fidanzata e dei suoi migliori amici prima della battaglia finale. Per rendere palpabile, reale, questa discesa verso spersonalizzazione del personaggio interpretato da Van Dien (non a caso alto, biondo e prestante), l'autore di Elle (2016) sceglie, rendendo ancora più inequivocabile la sua volontà di utilizzare il futuro per parlare di presente e passato, come fonte d'ispirazione il regime nazista e il suo condizionamento delle menti attraverso la propaganda. Come dichiarato dallo stesso regista, alcuni dei servizi giornalistici o pseudodidattici mostrato durante il film replicano, inquadratura per inquadratura, scene delle pellicole di regime dirette da Leni Riefenstahl o addirittura filmati propagandistici statunitensi realizzati per la chiamata alle armi durante la Seconda guerra mondiale o durante la caccia alle streghe del maccartismo. Un espediente formale di fortissima critica politica dunque rivolto non solo all'orribile passato vissuto dalla Germania o a delle possibili future derive autoritarie dei governi attuali ma anche un durissimo atto d'accusa nei riguardi delle scelte compiute dagli Stati Uniti, sia nel passato più recente che nel presente, in nome di un imperialismo di fatto celato sotto l'etichetta di "esportazione della democrazia".

Come già accaduto con RoboCop, Starship Troopers risulta in conclusione una cinica satira rivolta verso ogni tipo di militarismo o estremismo politico in genere, con l'attenzione rivolta soprattutto alle ombre della democrazia USA, resa ancor più avvincente e sottile dal ricorso alla struttura narrativa tipica del romanzo di formazione. Un monito stavolta destinato in primis proprio al mondo dell'educazione in quanto specchio più efficace delle reali intenzioni politiche della classe dirigente, ma anche un grande esempio di come un autore cinematografico possa adattare un soggetto preesistente alla propria poetica e al proprio stile. Persino quando si intende attaccare il paese nel quale il film viene prodotto.

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