Protagonista del lungometraggio è Jang Hae-jun (Park Hae-il), detective molto stimato ma con problemi di insonnia alle prese con la morte di un ex ufficiale dell'immigrazione, precipitato durante un'escursione montana. Le indagini portano a sospettare di omicidio la giovane moglie del defunto, Song Seo-rae (Tang Wei). Nel corso degli interrogatori il poliziotto inizia a provare una forte attrazione nei confronti della donna, apparentemente ricambiata, che provocherà conseguenze inattese sia a livello personale che professionale.
"Due solitudini si attraggono" cantavano nel 2002 i Subsonica, fornendo con un anticipo di più di vent'anni una perfetta theme song per Decision to Leave. Quello che inizia come un tipico whodunit, condito da omicidio, detection e atmosfere plumbee ormai tipiche di quel panorama neo-noir contemporaneo che proprio Park aveva contribuito a cementare con la cosidetta Trilogia della vendetta, si trasforma infatti in un più classico noir intriso di elementi da melò sul solco tracciato da Hitchcock con La donna che visse due volte (Vertigo, 1958), che non a caso è stato più volte riconosciuto dal regista come una delle opere che lo ha maggiormente segnato. Proprio come nel capolavoro interpretato da James Stewart e Kim Novak la pellicola si divide in due metà quasi speculari, costituite da due diverse fasi della relazione proibita e non pienamente vissuta dei protagonisti, legati non solo da un evidente desiderio reciproco ma anche dagli inganni femminili verso l'amato, distrutto sia nel proprio orgoglio di investigatore che di riservato uomo che aveva appena messo a nudo completamente i suoi sentimenti. Se Hitchcock però metteva in scena nella seconda metà un meccanismo ai limiti della necrofilia da parte di Scottie nel tentativo di rivivere quell'amore che gli era stato negato, l'autore asiatico sembra ripartire in dosi identiche l'ossessione dell'uno verso l'altro, con un primo turno in cui Hae-jun fa di tutto pur di restare accanto alla vedova, mentre nella seconda i ruoli si invertono, tanto che quest'ultima si risposa e si trasferisce unicamente per continuare a vivere vicino al poliziotto.
E in fondo proprio i più disparati tentativi di avvicinarsi da parte della coppia costituiscono in cuore pulsante del lungometraggio, lasciando completamente in secondo piano l'intreccio giallo, come in una sorta di sintesi tra L'avventura di Michelangelo Antonioni (1960) e In the Mood for Love (Wong Kar-wai, 2000), poiché persino la scomparsa di un'amica o la morte di un marito finiscono sullo sfondo a discapito della ricerca di un contatto sincero tra due individui destinati però alla solitudine. A conferma di ciò ogni singolo elemento della messa in scena lavora proprio per unire e separare allo stesso tempo gli amanti: dall'insistente inquadratura, raddoppiata dagli specchi, che contraddistingue l'interrogatorio in cui scocca la scintilla fino ai diffusissimi contatti tra le mani e persino i respiri dei due, la macchina da presa suggerisce continuamente l'impossibilità di tenere distanti Seo-rae e Hae-jun, eppure al contempo ne sottolinea la diversa indole interiore rendendo prettamente visiva la citazione di Confucio pronunciata dalla donna in cui diventa evidente come lei sia paragonabile al mare, mentre lui alla montagna. Almeno fino allo struggente quanto poetico finale in cui i due elementi finalmente si mescolano tra loro al punto quasi da ribaltarsi all'interno della medesima inquadratura.
Con Decision to Leave Park non si limita ad aggiungere alla proprio filmografia un altro splendido tassello, bensì realizza una delle opere migliori del 2022, insieme a The Fabelmans (Steven Spielberg), ribadendo quanta qualità abbia ancora da offrire una forma d'arte continuamente data per morta come il cinema.
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