Con un ritardo di ben quattro anni è finalmente giunto, direttamente in home video, l'horror Starry Eyes, diretto nel 2014 da Kevin Kölsch e Dennis Widmyer. Proprio come The Void anche questo film nasce grazie a una campagna di crowdfunding, anche se in questo caso solo parte del suo budget deriva dalle donazioni spontanee raccolte sul web, e incontra fin da subito ottimi riscontri da parte della critica statunitense, sebbene non così eclatanti da convincere qualche casa di produzione a credere nell'opera e distribuirla su larga scala nelle sale cinematografiche, relegandola dunque a una nicchia di appassionati quando, visti gli innegabili pregi che tra poco sviscererò, avrebbe potuto sicuramente diventare un piccolo caso, similmente a quanto accaduto con lo straordinario It Follows di David Robert Mitchell, uscito peraltro nel medesimo anno.
Protagonista assoluta della pellicola risulta l'aspirante attrice Sarah Walker (Alexandrs Essoe), alle prese, come molte sue coetanee trasferitesi a Los Angeles, con lezioni di recitazione, provini poco entusiasmanti e lavori umili con i quali mantenersi. Tra le facili ironie e una certa invidia dei suoi amici la giovane partecipa alle audizioni per il ruolo da protagonista nell'horror prodotto dalla nota Astraeus Pictures (casa che potrebbe in parte ricordare la AIP di Roger Corman) The Silver Scream. Inizialmente il provino sembra tramutarsi in un fiasco totale e così Sarah sfoga tutta la sua frustrazione in bagno con una crisi isterica durante la quale si strappa alcune ciocche di capelli. Il gesto viene misteriosamente visto dal regista e dalla sua assistente con un risultato ancora più singolare: i due le chiedono di ripetere l'evento e la ragazza, dopo qualche titubanza, obbedisce fino a cadere in una sorta di trance. Nei giorni successivi Sarah viene ricontattata dalla produzione che le chiede di presenziare a un nuovo incontro, durante il quale viene fatta spogliare e sottoposta a qualcosa di simile a un'ipnosi attraverso un potente riflettore acceso a intermittenza. Ormai convita di essere stata scelta per la parte nel film l'attrice lascia il lavoro e accetta senza alcun dubbio di incontrare a casa sua il produttore di The Silver Scream ma fugge non appena questi inizia a molestarla sessualmente. Il ritorno in mezzo ai suoi amici, tutti aspiranti artisti senza un soldo o un'idea concreta per svoltare, e il fatto che la sua coinquilina Tracy abbia raccontato delle molestie subite agli altri la convincono a richiamare la Astraeus per poter avere un nuovo incontro con il potente producer, durante il quale non solo accetta il ricatto sessuale con un rapporto orale ma soprattutto cede il proprio consenso a fare qualunque cosa necessaria per diventare famosa. Da quel momento in poi si trasformerà inesorabilmente in un'altra o meglio in qualcos'altro.
Incastonato in poco più di un'ora e mezza Starry Eyes rappresenta un allucinato viaggio attraverso l'incubo della ricerca della fama, rappresentato con un linguaggio filmico e narratologico tendente appunto all'onirico che omaggia senza alcun dubbio la filmografia di un maestro quale David Cronenberg, dai suoi inizi body horror fino ai più estetizzanti Cosmopolis (2012) e Maps to the Stars (2014), con il quale condivide inoltre l'ambientazione hollywoodiana e una simile riflessione sull'ossessiva ricerca del successo nel mondo dello star system. La coppia di registi non si tira certamente indietro nel momento in cui si trovano a mostrare la metamorfosi kafkiana di Sarah da esile bellezza giovanile in una bellissima quanto amorale donna e adepta di un culto esoterico formato da tutte quelle persone che, parafrasando uno dei discorsi del produttore di The Silver Scream, agiscono invece di riflettere e discutere e che così arrivano al tanto agognato successo. Dunque nell'allegoria dipinta dalla pellicola in analisi i magnati dell'industria, i burattinai dello star system diventano veri e propri seguaci di una setta satanica sempre in cerca di nuove vergini da plagiare, proprio come già visto in numerosi horror a sfondo demoniaco, come Rosemary's Baby (Roman Polanski, 1968), solo che in questo caso Sarah di virginale ha davvero ben poco: il film mostra con sempre maggior chiarezza nella sua prima metà come la protagonista solamente in superficie si adatti alla vita dei suoi amici aspiranti attori o registi ma che in realtà aspiri a tutt'altra grandezza e senza alcuno scrupolo morale. Si pensi a come accetti di replicare meccanicamente delle crisi nervose davanti a dei perfetti sconosciuti o di spogliarsi dopo pochi istanti di riflessione e alla nausea che gli provoca la vicinanza a quei ragazzi che, secondo lei, non fanno niente di concreto per diventare importanti e realizzare le proprie aspirazioni. In questo caso la coppia di director sembra suggerire che probabilmente non sempre gli attori o le attrici che subiscono forti pressioni da possibili datori di lavoro possono essere considerate semplici vittime e che in fondo molte di queste persone accettano di perseguire la via più breve verso la ribalta, sacrificando volontariamente una parte di se per tramutarsi in delle star. Tramutazione resa visivamente, come accennato precedentemente, senza risparmiare momenti di estremo gore in cui la carne della giovane protagonista sembra andare in cancrena per permetterle di morire in quanto aspirante attricetta e rinascere come diva. Una metamorfosi simile a quella di un insetto ma rappresentata attraverso il bagaglio visuale del Cronenberg di La mosca (The Fly, 1986) e raggiunta solamente tramite il sacrificio letterale di quelle che Sarah ritiene zavorre che ne bloccano l'ascesa, ovvero tutti i suoi amici e persino Tracy, la più affettuosa nei suoi riguardi.
In tempi segnati dalla denuncia di numerosi ricatti, di molestie e persino abusi sessuali veri e propri da parte di uomini di potere verso attrici più o meno note la potenza di un film come Starry Eyes, realizzato, è giusto ricordarlo, quattro anni fa e dunque ben prima dell'esplosione del caso Weinstein, viene amplificata all'inverosimile, specie dal momento in cui riesce con grande efficacia a gettare un'ombra di dubbio su certi assunti di carattere morale che vorrebbero dividere semplicisticamente il mondo tra bianco e nero, vittime e carnefici, lupo e Cappuccetto Rosso. La realtà e spietata, il marcio è ben radicato nella nostra società tutta riflettori e copertine (il riferimento alla locandina del film sulla quale dovrebbe apparire Sarah pare proprio riferirsi a questo) e dunque basta una sola scelta perché un ragazzo possa seguire le orme di un odierno Dorian Gray.
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