lunedì 2 settembre 2024

THE FIRST SLAM DUNK: BILDUNGSROMAN E REMAKE DA MANUALE

C'era una volta (boomer nostalgico mode on) un mondo in cui Netflix non esisteva e il panorama anime si distribuiva sui palinsesti televisivi, segnando un appuntamento orario imperdibile e irripetibile perché il bingewatching era un concetto estraneo anche alla fantascienza e chi non si sintonizzava all'orario giusto davanti a quell'ingombrante tubo catodico rischiava di perdersi la trasformazione in super saiyan di Goku o la battaglia finale tra Seiya/Pegasus e il corrotto gran sacerdote delle dodici case. In questo contesto molti come me si sono innamorati di Slam Dunk (Nobutaka Nishizawa, 1993-1996), anime a tema sportivo tratto dall'omonimo manga ideato da Takehiko Inoue tra 1990 e 1996 in cui la testa calda Hanamichi Sakuragi si unisce a un altrettanto colorito team di basket liceale arrivando a sfiorare il titolo nazionale. A distanza di quasi venti anni dalla conclusione del fumetto il suo stesso autore, dopo una gestazione quindicennale, ritorna a quell'universo narrativo che ne ha lanciato la carriera scrivendo e dirigendo The First Slam Dunk (2022), film campione di incassi in Giappone universalmente acclamato dalla critica di tutto il mondo.


La pellicola adatta per il grande schermo uno dei momenti più importanti dell'originale cartaceo, la partita del campionato nazionale tra lo Shohoku, squadra dei protagonisti, e il Sannoh, istituto superiore con una tradizione cestistica invidiata in tutto il paese. Il match viene intervallato da una serie di flashback e momenti intimi legati a tutti i giocatori del team sfavorito, con particolare attenzione però per Ryota Miyagi (Shugo Nakamura), playmaker del quale viene rivelato per la prima volta il passato tormentato dalla perdita del padre e dell'amato fratello maggiore.


Viviamo anni estremamente legati al passato , specie per alcune fasce di età, motivo per cui cinema e serialità cavalcano quest'onda sfornando una moltitudine di remake, reboot, requel, sequel spirituali e chi più ne ha, più ne metta. L'idea di questo The First Slam Dunk potrebbe far pensare all'ennesimo tentativo di guadagnare sulla nostalgia dei Millennials ma bastano i primi minuti a smentire qualunque retropensiero. Dal tratto fumettistico iconico dell'autore di Vagabond (1998-2015) la macchina da presa passa a una commistione tra animazione digitale e tradizionale capace di donare movimento e conseguentemente vita ai disegni del mangaka, superando la capacità di fedeltà nell'adattamento anche dell'anime, e al contempo rendere la partita uno spettacolo visivo quasi indistinguibile da quelli dell'NBA visti in tv, con tanto di tecniche di montaggio e inquadrature acquisite proprio da quel linguaggio. A tale riuscito mix di grammatiche provenienti da diversi media Inoue aggiunge un'ulteriore strategia atta ad arricchire il pathos e il coinvolgimento dello spettatore tramite un costante ricorso a cambi di ritmo e altre manipolazioni temporali: accelerazioni improvvise quando il cuore (non a caso citato a più riprese dai personaggi) dei protagonisti batte a velocità inusitate per la fatica e la paura di non essere all'altezza dei fortissimi avversari, bruschi rallentamenti per soffermarsi sugli stati d'animo dei personaggi e sugli eventi personali che li hanno portati a dare letteralmente tutto per quella partita.

A proposito di non sentirsi all'altezza, sentimento tipico dell'adolescenza che molti di noi hanno provato a più riprese in quegli anni, lo spettacolare match sportivo messo in scena quasi in tempo reale rappresenta a tutti gli effetti un simbolo di quei riti iniziatici che segnano il passaggio dall'infanzia all'età adulta. Sebbene ognuno dei cinque titolari dello Shohoku godano di una certa introspezione, come ad esempio Mitsui (Jus Kasama) e il suo ambivalente rapporto con la pallacanestro, il centro emozionale e strumento attraverso cui percorrere questa delicata fase dell'esistenza è Ryota. Il regista del team, che in quanto tale determina tutti i movimenti dei compagni ma per fare questo li osserva più da vicino di qualunque altro spettatore, diventa l'osservatore privilegiato di quanto accade sul parquet per noi dall'altra parte della quarta parete ma, soprattutto, il filtro soggettivo dell'intera vicenda, poiché ciò a cui assistiamo è il suo momento. Troppo basso per uno sport in cui i fuoriclasse solitamente superano i due metri, poco talentuoso, seppur dotato di velocità non comuni e grandissima tecnica di palleggio, rispetto al fratello che non c'è più, troppo immaturo per fare da supporto a madre e sorellina. Il confronto con chi non c'è più è così impari da spingere il ragazzo a scrivere una lettere, che poi getta via, in cui esordisce chiedendo scusa al genitore perché a sopravvivere è stato il figlio sbagliato. In una sola, desolante frase è racchiuso l'intero mondo di insicurezze, dolore, rabbia e incapacità di esprimere sé stessi che caratterizza l'adolescenza, ancor di più forse in quella terra di mezzo che sono stati gli anni Novanta di cui è imbevuta la creatura di Inoue, quelli del disagio esistenziale cantato da Nirvana prima e Linkin Park poi e portati su schermo da David Fincher con Fight Club (1999). In questo caso, però, la tendenza autodistruttiva del giovane, che del resto condivide anche con tutti gli altri giocatoti dello Shohoku, persino l'allegro Sakuragi pronto a fare a botte con chiunque pur di affermare la propria esistenza a un mondo che altrimenti lo ignorerebbe, non si risolve in conseguenze funeste: la comunanza tra i cinque, quel gioco di squadra che decreta la differenza tra successo e insuccesso nello sport diventa ancora di salvezza anche a livello personale, nella partita della vita in cui, qualche volta, anche degli outsider che hanno subito pugni e calci continui dal destino riescono a togliere la gloria a chi ha sempre goduto del sorriso del fato.


The First Slam Dunk è letteralmente il cerchio che si chiude per un racconto iniziato decenni fa, una generazione, l'annosa dialettica tra animazione tradizionale e digitale, le coordinate su come si possa ritornare su una propria opera passata con qualcosa di nuovo da comunicare e il passato in toto. Un Bildungsroman da manuale in ogni sua componente.

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