Rachel Talalay non è certamente un nome così conosciuto al grande pubblico, ma per gli appassionati di horror e slasher è certamente sinonimo immediato di Nightmare 6 - La fine (Freddy's Dead: The Final Nightmare, 1991), capitolo conclusivo della saga con protagonista Krueger, se si esclude il successivo standalone diretto da Wes Craven, ricordato da molti per una particolare predilezione per i toni camp e umoristici e le sequenze stereoscopiche. Quello che anche pochi cinefili non ricordano spesso, però, è il buon successo commerciale ottenuto dal film, grazie al quale la cineasta di Chicago riesce a ottenere abbastanza credibilità da trovare dei finanziamenti per un progetto tutt'altro che semplice: la trasposizione del fumetto underground Tank Girl, in un momento storico in cui sul grande schermo arrivavano dal mondo delle vignette solamente personaggi estremamente famosi come Superman, Batman o Dick Tracy. L'omonimo lungometraggio, prodotto da MGM nel 1995, si rivela però un clamoroso insuccesso al botteghino, con risultati altrettanto freddi da parte della stampa, salvo diventare nel corso degli anni un cult tra gli appassionati di comics e tra la più recente critica femminista.
La pellicola si svolge in un futuro post-apocalittico in cui gran parte della Terra è priva di risorse idriche e dunque chi controlla l'acqua può considerarsi padrone del destino del pianeta. A ciò mira lo spietato Kesslee (Malcom McDowell), che utilizza qualsiasi mezzo per accaparrarsi la zona più ricca di oro blu, ossia quella abitata dai Rippers, mutanti con tratti animaleschi. Le sue mire espansionistiche si scontreranno con la resistenza di Rebecca (Lori Petty), giovane ribelle che si allea con i Rippers stessi e Jet Girl (Naomi Watts) per fermare lo spietato magnate e salvare la sua amica Sam (Stacy Linn Ramsower).
Persino a distanza di quasi trent'anni è facile comprendere i motivi che hanno causato l'insuccesso commerciale di Tank Girl. Nel bel mezzo del periodo d'oro dei blockbuster e delle trasposizioni dal fumetto con il chiaro scopo di attirare in primis il pubblico più giovane, persino quando si parla di capolavori intergenerazionali quali Batman (Tim Burton, 1989) o il seminale Superman (Richard Donner, 1978), Talalay non solo pesca una serie ben lontana dai numeri di vendite dei supereroi DC o Marvel, bensì evita accuratamente di adattare l'opera originale a canoni maggiormente accomodanti, come fatto ad esempio da Steve Barron con Tartarughe Ninja alla riscossa (Teenage Mutant Ninja Turtles, 1990), mantenendo altresì intatta la volontà di sovvertire l'ordine costituito delle tavole create da Jamie Hewlett e Alan Martin, peraltro coinvolti massicciamente nella produzione. Ecco dunque che ritorna quel mix tra violenza, persino rivolta verso i più piccoli, e black humour già vista in Nightmare 6, il sesso da tabù diventa arma da rivolgere contro gli oppressori e l'amore può nascere nelle occasioni meno scontate, addirittura tra "specie" diverse.
Proprio il connubio tra sesso, genere e dinamiche di forza si trova al centro della riflessione che permea il film. Rebecca fin dalle prime sequenze di cui è protagonista ritorce contro gli uomini la loro insaziabile voracità predatoria di tipo sessuale, sovvertendo quell'ordine costituito prettamente patriarcale che sembra sopravvivere anche all'olocausto nucleare occorso all'universo della diegesi sceneggiata da Tedi Sarafian. La giovane punk, i cui outfit sono divenuti iconici tra la comunità di cosplayer e di fan dei fumetti in genere, non restano una semplice strizzata d'occhio al pubblico di ragazzi alternativi della cosiddetta Gen X, ma rappresentano visivamente l'intenzione sovversiva dietro la poetica di Talalay, che con un piglio anche volutamente campy nei dialoghi e nelle soluzioni estetiche (si veda per esempio il trucco dei Rippers o il ricorso a intermezzi animati) disegna un mondo in cui solamente gli emarginati e i diversi mantengono una certa dose di umanità e altruismo, mentre i WASP assurgono a simbolo del lato più meschino e crudele della società, persino quando si trova al collasso economico e culturale.
Certamente la pellicola soffre di un andamento narrativo altalenante, soprattutto nella seconda parte, e di censure che ne soffocano in parte la spinta rivoluzionaria rispetto ai topoi del cinecomic più hollywoodiano, eppure Tank Girl mantiene oggi come negli anni Novanta il fascino unico di chi sbeffeggia le regole con ironia tagliente e sa come ritrarre il desiderio di rivalsa degli outsider senza scadere nel manierismo di molta produzione attuale. Quanti registi e registe di genere dovrebbero tornare alla filmografia di Talalay per comprendere come rendere giustizia alle donne nel cinema action e sci-fi.
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