martedì 10 gennaio 2023

NORMAL PEOPLE: DUE SOLITUDINI SI ATTRAGGONO

All'interno dell'incomprensibile, almeno per me, pregiudizio ancora molto radicato, specie in certi ambienti pseudo-intellettuali, nei confronti dell'adolescenza nell'arte un posto d'onore viene riservato alla serialità televisiva, dove il termine teen drama viene spesso utilizzato con tono dispregiativo per indicare prodotti melensi, di scarsa qualità e destinati unicamente a un pubblico poco colto o maturo. Da almeno un decennio, fortunatamente, alcuni serial sembra che stiano mitigando questa visione negativa del genere, con esempi quali Euphoria (Sam Levinson, 2019-) e We Are Who We Are (Luca Guadagnino, 2020) che stanno ricevendo il plauso della critica e conquistando fette di pubblico anche in fasce demografiche solitamente avverse a questa tipologia di storie. Il 2020 vede l'uscita su BBC di Normal People, creata e diretta interamente da Lenny Abrahamson e Hettie MacDonald adattando, con l'aiuto dell'autrice stessa, il romanzo omonimo di Sally Rooney. La serie si rivela un enorme successo di critica, ottenendo anche numerosi riconoscimenti nelle rassegne più prestigiose dedicate alla serialità, e un discreto seguito popolare, anche se non paragonabile a quello della succitata opera di Levinson, anche per la sua natura di miniserie autoconclusiva.

Protagonisti del racconto sono Marianne (Daisy Edgar-Jones) e Connell (Paul Mescal), ragazzi irlandesi dei quali viene mostrato il loro avvicinamento sessuale ed emotivo durante l'ultimo anno di liceo e i successivi risvolti di un rapporto tormentato anche durante il periodo del college e della vita adulta. 


L'esile sinossi rispecchia in pieno il tipo di narrazione scelta dagli autori, perché Normal People non vuole rispettare i canoni del genere di pertinenza, non offre allo spettatore uno spaccato generazionale attraverso un gruppo di amici o personaggi ricorrenti alle prese con le sfide del quotidiano. Il centro di tutto sono i due protagonisti, che si dividono equamente il punto di vista della macchina da presa, e l'evoluzione della loro intermittente relazione. Presentati inizialmente con alcuni caratteri familiari a chi ha dimestichezza con il teen drama (lei ricca e intelligente ma solitaria, lui bello e popolare ma di umili origini), Marianne e Connell si dimostrano ben distanti dai topoi, provando un'attrazione reciproca che nasce in primo luogo per un comune senso di solitudine, seppur frutto di situazioni di vita molto diverse. La giovane soffre i traumi di una famiglia disfunzionale, lacerata dai maltrattamenti del padre prima e del fratello poi, mentre la madre sembra anestetizzata a qualunque emozione; l'altro, invece, sembra fare di tutto per essere accettato dalla comunità e spiccare in positivo, essendo cresciuto unicamente sulle spalle di una madre single e proletaria, ma senza riuscire del tutto ad adattarsi al modo di pensare e alle attitudini del gruppo di amicizie. Insieme scoprono il vero senso dell'intimità, sia fisica che emotiva, riescono a liberarsi di gran parte delle maschere che portano abitualmente in pubblico ma al tempo stesso non a curare i mali interiori che ne influenzano le vite da sempre: Connell non vuole che i suoi amici sappiano della relazione, al punto da invitare un'altra ragazza al ballo scolastico, e Marianne accetta tutto questo unicamente per compiacere l'amato, rivelando dunque una scarsa considerazione di sé che si concretizza nella costante sottomissione al prossimo.

La coppia si ritrova anche al Trinity College, dove peraltro il ragazzo si iscrive unicamente su suggerimento di lei, dove danno vita a una spirale quasi nietzchiana in cui si allontanano senza mai riuscire a staccarsi completamente, per poi avvicinarsi ma non completamente, fino a quando, mancano di una comunicazione abbastanza sincera e aperta, si ritrovano nuovamente lontani. Marienne si getta tra le braccia di uomini che la umiliano, sia sessualmente che non, mentre Connell si rifugia nella comfort zone delle vecchie amicizie ma entrambi trovano un reale contatto umano solamente all'interno di questa tossica storia d'amore, che diventa finalmente più stabile solo quando lui, in seguito a un evento particolarmente traumatico, accetta di aprirsi con una specialista e, di conseguenza, il proprio problema nel parlare dei propri sentimenti. Normal People, da cui il titolo, vuole dunque raccontare senza spettacolarizzazioni o eccessi tragici il senso di isolamento e l'incapacità di trovare un proprio spazio nel mondo di due persone comuni, nei quali qualsiasi spettatore cresciuto in questo tumultuoso periodo di trasformazioni tecnologiche e sociologiche può rispecchiarsi: rivedere il proprio smarrimento, le proprie paure e la crescente incomunicabilità che lo porta a sentirsi allo sbando con ciò che prova e ciò che la società suppone che debba sentire.


In tal senso assume un ruolo cruciale la componente formale della serie, sobria e rigorosa come raramente capita in questo genere. Lo scorrere del tempo diventa grazie al montaggio un flusso ininterrotto di brevi momenti significativi, la macchina da presa segue come un'ombra i protagonisti quando sono insieme per poi allontanarsene con campi lunghi che ne esaltano la sensazione di solitudine quando si separano. Il ricorso alla luce naturale, specialmente negli episodi diretti da Abrahamson, evidenziano la ricerca di una dimensione del quotidiano che spesso manca del tutto alle produzioni attuali, dominate da colorazioni e composizioni dell'inquadratura così artificiose da falsare ogni rapporto empatico con il profilmico. L'eleganza della fotografia di Normal People non solo ribadisce quanto la forma sia essenziale al contenuto per qualsivoglia opera d'arte, bensì diventa il vero segreto dietro la vicinanza che il pubblico prova nei confronti di una love story che tutti noi abbiamo provato almeno una volta nella vita, insieme alle straordinarie prove attoriche di Edgar-Jones e Mescal.

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