giovedì 19 dicembre 2019

STAR WARS - L'ASCESA DI SKYWALKER: L'EPILOGO DELLA SAGA FAMILIARE DA UNA GALASSIA LONTANA LONTANA

Non servono certamente introduzioni a Star Wars, la saga cinematografica per antonomasia senza la quale la Hollywood attuale forse neanche esisterebbe. Per tutti i milioni di fan sparsi per il mondo il 2019 rappresenta un anno epocale, iniziato con il primo serial televisivo (anche se trasmesso in streaming) dedicato al franchise e concluso con l'uscito dell'attesissimo Star Wars - L'ascesa di Skywalker (Star Wars: The Rise of Skywalker), nono episodio e ultimo dedicato alle vicende della stirpe di Anakin e Luke, diretto dal mago della serialità J.J. Abrams. Arrivato nelle sale solamente ieri, il film pare non aver convinto appieno la critica ma la risposta del pubblico potrebbe essere diametralmente opposta, come era accaduto con il precedente Gli ultimi Jedi (The Last Jedi, Rian Johnson, 2017), amato dai recensori ma odiato da una larghissima fetta di fandom.

Per evitare qualunque spiacevole spoiler mi limito a dire, a proposito della trama, che questa volta i ribelli guidati da Leia (Carrie Fisher) dovranno vedersela non solo con il Primo ordine guidato da Kylo Ren (Adam Driver) ma anche con il redivivo Palpatine (Ian McDiarmid), intenzionato a mettere fine una volta per tutte ai Jedi e dunque a mettere le mani su Rey (Daisy Ridley). La giovane può ancora contare sull'aiuto di Finn (John Boyega), Poe (Oscar Isaac), Chewbecca e i droidi BB8 e C3PO (Anthony Daniels) ma i dubbi sul proprio passato ne minano il cammino verso la padronanza del lato chiaro della Forza e la vittoria della Resistenza.

Chiuso (purtroppo per me) il capitolo Johnson all'interno della trilogia definita "sequel" The Rise of Skywalker riprende molti degli elementi cardine del settimo episodio della saga, il primo diretto da J.J. Abrams, riuscendo al contempo nell'improbo compito di chiudere le vicende dei personaggi creati da George Lucas inserendo all'interno della propria visione del franchise anche le intuizioni e le svolte narrative viste nell'ottavo episodio. Sebbene molti fan e persino qualche critico abbiano visto in questo capitolo finale una sorta di azzeramento di quanto visto in Gli ultimi Jedi, con l'intenzione di recuperare i favori della comunità di appassionati, in realtà l'autore di Super 8 (2011) opera per sottrazione dal suddetto prequel solamente per quanto concerne la critica sociale innescata dal viaggio su Cantonica, abbracciando invece svolte del racconto come il legame che travalica spazio e tempo formatosi tra Rey e Kylo o lo spodestamento dal ruolo di villain principale di Snoke (Andy Serkis). Persino molte tematiche care a Johnson, quale per esempio la natura della Forza come energia panica alla quale chiunque può essere sensibile, a prescindere dai legami di sangue, rientrano prepotentemente in questa pellicola entrando in sinergia con i temi più cari ad Abrams, sottolineando dunque la rara capacità narrativa di quest'ultimo. Certamente alcune scelte e le modalità con cui viene reintrodotto Palpatine possono lasciare delle perplessità ma chiunque conosca la saga sa che non ci sarebbe potuto essere un finale per le peripezie degli Skywalker senza il meneur de geste dell'intera saga e anche il tanto vituperato velo nostalgico che aveva già ammantato Il risveglio della Forza (Star Wars: The Force Awakens, 2015) trova la sua ragion d'essere in un film che non conclude solamente una trilogia, bensì un ciclo narrativo, un'epopea mitica che ha segnato generazioni intere e la storia della settima arte. In quest'ottica dunque anche i momenti di puro fan service assumono un significato extradiegetico di commiato, di ultimo saluto per degli eroi che, dopo aver detto praticamente tutto ciò che avevano, non possono far altro che congedarsi dal pubblico che li ha amati e continuerà ad amarli per decenni.
Proprio a proposito del tema del saluto ultimo, della morte, sia essa fisica o solamente cinematografica, è innegabile come sul lungometraggio aleggi, in maniera costante, un'aura funerea, oscura e fantasmatica. Tutto il film è scandito dall'apparizione di spettri, di figure a cavallo tra la dimensione terrena e quella dell'oltretomba, a cominciare, ovviamente, dalla Leia di Carrie Fisher, morta prima di poter completare le riprese e dunque ulteriore ponte tra la diegesi e la realtà extradiegetica. Proseguono in questo solco fantasmatico le apparizioni di storici personaggi già dipartiti o creduti tali, di altri pronti a dire addio ai fan dopo ben tre trilogie (si pensi a Chewbe o R2D2) e la costante sensazione di deja vu che lega i nuovi protagonisti della saga a quelli ideati da Lucas. Persino location e scenografie confermano l'aura funerea appena descritta, come dimostra l'affascinante pianeta dei Sith che ricorda, oltre al luogo dello scontro tra Ahsoka Tano e il suo vecchio maestro in Star Wars Rebels (Simon Kimberg, Dave Filoni, 2014-2018), gli interni lugubri del cinema gotico caro alla Hammer, a sua volta già legato al franchise di Star Wars dalla presenza dell'ex Dracula Christopher Lee.

Quasi superfluo risulta sottolineare la grandiosità della colonna musica di John Williams, che recupera gran parte dei temi utilizzati nel corso di tutta la saga per attenersi al clima da saluto finale allo stesso, così come il lavoro eccezionale agli effetti speciali, digitali ma anche artigianali, della Industrial Lights & Magic, capace di sopperire anche a quella che forse è l'unica vera mancanza di questa pellicola: una certa personalità nella messinscena rispetto ai due capitoli precedenti. La mano di Abrams, evidente in Il risveglio della Forza, risulta quasi invisibile in questo caso, quasi come la produzione gli avesse imposto una trasparenza di matrice classica atta a uniformare il film alla forma standardizzata dai blockbuster Marvel (tra le rare eccezioni spicca il piano sequenza che segue Poe Dameron tra le strade notturne di Kijimi).
Tutto ciò mi porta, infine, a poter dire che L'ascesa di Skywalker rappresenta una chiusura del cerchio davvero di ottima fattura, capace di abbracciare con sagacia e sincero affetto per la saga tutto ciò che questa ha saputo offrire agli spettatori per decenni. Quasi sicuramente non l'apice dei nove episodi ma un commiato che riporta a galla quella fascinazione tra il mito e la fiaba, la fantascienza e il fantasy, tecnologia e misticismo che ha reso Star Wars l'epica di cui un Occidente alla costante ricerca di eroi continua ad avere bisogno.

Nessun commento:

Posta un commento