All'alba degli anni Novanta esplode all'interno di una Hollywood ormai tornata ai fasti del periodo classico il fenomeno di quello che viene definito cinema indipendente: una schiera di giovani registi, spesso privi di una formazione accademica come quella dei fautori della New Hollywood, riescono a imporsi tramite pellicole a basso costo che, tramite il passaparola e festival come il Sundance, conquistano i favori di critica e pubblico. Tra i vari Quentin Tarantino e Paul Thomas Anderson trova un suo momento di gloria anche la singolare figura di Kevin Smith, autore del cult movie Clerks, risalente al 1994. Il successo del suo esordio gli porta una grande visibilità che, dopo altri due lavori, gli permette di girare il suo film più ambizioso (anche a livello produttivo), Dogma (1999). Purtroppo le numerose e aspre polemiche scoppiate in seguito alle accuse di blasfemia da parte di varie associazioni cattoliche decreta il parziale insuccesso commerciale dell'opera. Non un vero flop in termini numerici ma sicuramente al di sotto della aspettative, tanto da poter essere considerato il primo passo verso il declino di Smith, oggi lontano dal cinema mainstream e dedito soprattutto alla regia di serie tv o alla scrittura di fumetti.
La pellicola ruota attorno al tentativo da parte di Bartlebi (Ben Affleck) e Loki (Matt Damon), due angeli caduti, di ottenere il perdono dei peccati e dunque la possibilità di tornare in paradiso attraverso l'iniziativa di indulgenza plenaria promossa da un parroco del New Jersey per attirare nuovi fedeli. Dato che la riuscita del loro piano rischia di porre fine all'intero Creato, le alte sfere angeliche affidano a un'umana, Bethany (Linda Fiorentino), l'onere di fermare la coppia, con l'aiuto di due profeti (Jay e Silent Bob, interpretati come nei precedenti lavori di Kevin Smith da Jason Mewes e il regista stesso) tutt'altro che convenzionali, il tredicesimo apostolo di Cristo Rufus (Chris Rock), la musa Serendipity (Salma Hayek) e la voce di Dio Metatron (Alan Rickman).
Bastano i primi minuti e in particolar modo l'esilarante statua del Cristo Compagnone (divenuta negli anni uno dei meme più celebri del web) per rendersi conto del carattere satirico e dissacrante di Dogma verso il cattolicesimo, così come le accuse di blasfemia siano piuttosto la dimostrazione di quanto intelligenti siano molte delle invettive di Kevin Smith. Come sottolineato in maniera cristallina da in dialogo tra Bethany e Rufus l'oggetto delle critiche, anche feroci, scagliate dal cineasta statunitense nei confronti della cristianità romana non è la fede in sé il cristianesimo in quanto tale, bensì l'istituzionalizzazione della stessa, il suo dogmatismo e le conseguenze del potere che la cieca adesione a un credo hanno comportato per l'uomo in secoli di storia. In particolare proprio il carattere umoristico e parodico della pellicola combaciano esattamente con l'attacco verso la mortificazione della vita terrena e il senso di colpa che la dottrina cattolica hanno voluto assimilare alla parola di Dio, facendo della fede in Cristo un interminabile calvario per la redenzione dei peccati propri e degli antenati, fino ai progenitori Adamo ed Eva. Un autore come Kevin Smith ovviamente non si dilunga in trattati di teologia o di storia delle religioni (ambiti di cui probabilmente non ha neanche le conoscenze necessarie) ma con le frecce migliori del suo arco, ossia ironia, cinefilia, passione sincera per i fumetti fantastici e l'ausilio di attori che conosce come fratelli, riesce ad affrontare tematiche molto delicate senza rinunciare a un racconto esilarante e appassionante in cui persino gli angeli mostrano vizi e virtù umane come gelosia, desiderio di riscatto, passione per gli alcolici o affezione per gli esseri umani.
Potendo contare su un budget ben più alto rispetto alle precedenti pellicole, l'autore di In cerca di Amy (Chasing Amy, 1997) riesce a permettersi alcuni momenti di buona spettacolarità, come quando Bartlebi li libra nel cielo con le sue ali da angelo, ma il fulcro della sua opera, così come del suo cinema in toto, resta nei dialoghi, sempre sferzanti e ricchi di citazioni cinematografiche o addirittura autoreferenziali. Postmoderno non meno del collega Tarantino, Smith non rinuncia mai ad ammiccamenti verso i capisaldi del proprio background culturale, dalla saga di Star Wars fino a I dieci comandamenti (The Ten Commandments, Cecille B. DeMille, 1956), passando per Indiana Jones e l'ultima crociata (Indiana Jones and the Last Crusade, Steven Spielberg, 1989).
Nel parlare di un film così divertente, piacevole e al tempo stesso intelligente nella sua accesa satira l'amaro dovuto alla consapevolezza che sia stato proprio questo Dogma a spalare per primo la fossa in cui è piombata la carriera cinematografica di un personaggio estroso come Kevin Smith. Sicuramente tutti gli amanti dei serial appartenenti all'Arrowverse e i lettori DC Comics saranno sicuramente soddisfatti del suo lavoro ma per me resta il rammarico di non poter vedere quest'autore alle prese con qualche blockbuster, magari proprio a tema supereroi.
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