Fin dall'uscita dello storico Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause, Nicholas Ray, 1955) e in generale della emersione del teenager come nuovo pubblico di un cinema nuovo rispetto a quello classico il genere "coming of age" rappresenta un pilastro della settima arte a stelle e strisce, con una particolare esplosione tra gli anni Settanta e Ottanta attraverso autori della Hollywood Reinassance e della New Hollywood quali George Lucas, John Milius, Steven Spielberg e John Hughes. Negli ultimi anni, vista anche la notevole ondata di nostalgia vintage proprio nei confronti del decennio segnato da The Breakfast Club (John Hughes, 1985), tale filone è divenuto particolarmente caro alla sempre più numerosa schiera di cineasti indipendenti che spopolano in festival come il Sundance e di sicuro a questo dato milieu artistico appartiene Greta Gerwig, attrice e sceneggiatrice prima e oggi anche regista con il suo esordio Lady Bird, vero e proprio caso cinematografico del 2017, acclamato dalla critica mondiale e candidato a ben cinque Academy Awards.
Protagonista assoluta della pellicola è la diciassettenne Christine (Saoirse Ronan), la cui ribellione verso la famiglia e la propria città, Sacramento, si intuisce già dalla sua tutt'altro che convenzionale scelta di farsi chiamare Lady Bird, persino nella scuola cattolica che frequenta. Tra i primi innamoramenti e la speranza di essere accettata in un college a New York, meta per eccellenza della "cultura" vera, la ragazza inizia il proprio percorso di maturazione e di accettazione del suo nucleo familiare, composto dalla fortissima madre Marion (Laurie Metcalf), il padre disoccupato e depresso Larry (Tracy Letts), il fratello ispanico Miguel (Jordan Rodrigues) e la ragazza di quest'ultimo.
A partire dalla scelta di raccontare una storia di passaggio dall'infanzia all'età adulta di una ragazza diviene evidente sia il carattere, almeno in parte, autobiografico di Lady Bird che la sua peculiare rilettura del genere coming of age. Quello che a prima vista potrebbe apparire come l'ennesimo prodotto indie sull'adolescenza con tutti i topoi del caso (protagonista ribelle con i capelli colorati, più in gamba e intelligente dei suoi coetanei ricchi e viziati, New York come meta da raggiungere ecc.) si rivela in realtà come un'opera prima capace di abbinare, con estrema intelligenza e grazia, uno spaccato di vita tutt'altro che idealizzato o stereotipato a una critica irriverente verso i succitati stereotipi. Sebbene la Gerwig provenga proprio dall'ambiente di giovani intellettuali newyorkesi che dominano le produzioni indipendenti e risulti evidente come il suo stile registico sia debitore del suo mentore Noah Baumbach, la pellicola rivela attraverso le esperienze in tutto e per tutto ordinarie di Christine un amore palpabile da parte della cineasta proprio per quella mediocritas, quella provincia americana additata di bigottismo, ignoranza e mancanza di "coolness", a dispetto invece di una critica sarcastica sottile e caustica al tempo stessi nei confronti dell'ambiente artistico e intellettuale della Grande Mela, ormai ridottasi a una meta di semplice escapismo per giovani in cerca di festini offerti dalle tasche dei genitori. Per merito di un cast attorico in stato di grazia, in grado di rendere credibili e interessanti persino personaggi con pochissime battute come il fratello laureato in matematica ma disoccupato anche a causa del suo look alternativo o il "bello e dannato" Kyle (Timothéè Chalamet), la regista e sceneggiatrice nativa proprio di Sacramento riesce a dare vita a quella tranche de vie da noiosa provincia USA con un'onestà tutt'altro che scontata, una carica ironica che si abbina alla perfezione alle disavventure della giovane protagonista (splendidamente portata su schermo da Saoirse Ronan) e persino la giusta dose di gravitas nel momento in cui quest'utlima si trova a dover lottare per ottenere l'approvazione di sua madre. Un rapporto, quello tra Christine e Marion, conflittuale e colmo di piccoli gesti di sincero affetto proprio come accade tra ogni genitore e figlio adolescente, reso particolarmente potente dal punto di vista emotivo da alcune sequenze di notevole lirismo (si pensi all'abbraccio in auto e alla conseguente attività domenicale madre-figlia) e dalla sensibilità con cui l'autrice ambienta l'intera vicenda all'interno di un momento storico e sociale, il post-11 settembre 2001, ricco di incognite, di difficoltà economiche e psicologiche ma anche di voglia di rialzarsi, di mostrare al terrorismo che la paura non può bloccare per sempre lo scorrere della vita e che la felicità può e deve essere riscoperta nelle piccole cose come la famiglia, rispetto ai fasti esotici di miti propinati per almeno due decenni dalla cultura di massa.
Lady Bird è dunque un film realizzato con notevoli mezzi formali, grandi capacità di scrittura e direzione degli attori ma soprattutto con un mix di cuore e intelligenza, sarcasmo colto e affetto autobiografico: tutto ciò che rende indimenticabile un coming of age e l'adolescenza stessa.
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