In seguito al non esaltate esordio alla regia con I racconti di Terramare (2006) Goro Miyazaki necessitava di un lavoro che ne affermasse finalmente il talento, cosa tutt'altro che semplice per chiunque abbia un genitore così ingombrante come Hayao, e così nel 2011 dirige La collina dei papaveri. Scritto proprio dal padre il lungometraggio convince appieno critica e fan dello Studio Ghibli, con particolari meriti riservati proprio alla capacità dell'autore di distanziarsi dallo stile paterno trovando quella quadratura del cerchio che era mancata nell'opera prima.
Protagonista delle vicende narrate è Umi, una studentessa sedicenne della Yokohama del 1963 (l'anno successivo si sarebbero svolte le Olimpiadi di Tokyo) che vive insieme alla nonna in un ex-ospedale trasformato in locanda, della quale per altro si occupa quasi interamente la ragazza. La sua vita scorre in maniera piuttosto semplice, scandita da una routine che comincia e finisce ogni giorno con dei segnali nautici che la giovane manda attraverso una bandiera davanti casa. Un giorno a scuola si scontra, in tutti i sensi, con il diciassettenne Shun, studente che si occupa del giornale della scuola. Il loro incontro cambierà le vite di entrambe e persino il futuro dell'edificio storico in cui si riuniscono i club scolastici.
In questo secondo lungometraggio Goro Miyazaki abbandona totalmente le atmosfere fantasy e fiabesche dell'esordio e sembra averne giovato sia narrativamente che formalmente. Sebbene La collina dei papaveri abbondi di elementi estremamente noti agli appassionati di animazione giapponese non può non affascinare e far riflettere la sensibilità, anche intellettuale, con la quale viene ricreato un periodo fondamentale nella storia del paese del sol levante: quei primi anni '60 che hanno visto la rinascita economica del paese in seguito al tragico epilogo del secondo conflitto mondiale. Anni di grande fermento segnati da una nuova speranza in un futuro positivo per le nuove generazioni insomma, eppure funestato da un conflitto fortissimo proprio tra questa voglia di futuro e quel passato intriso di tradizioni e storia. Un passato che aveva effettivamente prodotto mostri, come l'imperialismo e le conseguenti guerre sfociate nel disastro atomico, ma anche secoli di cultura e arte da preservare. Esattamente all'interno di questa dialettica futuro/tradizione si muovono i ragazzi della scuola frequentata dai protagonisti e sarà proprio Shun a dettare la linea vincente per il Giappone, con un intervento durante un'assemblea al limite della rissa nel quale afferma l'impossibilità di costruire un futuro senza la storia.
Il fascino innegabile di questa riflessione si intreccia con notevole perizia al rapporto di amicizia (e poi d'amore) che nasce tra Umi e Shun, capace di diventare così forte da riuscire a superare persino alcune scioccanti scoperte sul passato di uno dei due, il tutto restando sempre in un registro quotidiano che rende i sentimenti dei due ragazzi estremamente vicini ai trascorsi di ognuno di noi. La love story non si snoda mai attraverso sequenza in cerca di un pathos fasullo tipico di tanta commedia romantica, bensì resta all'interno di quelle esperienze piuttosto banali tipiche dell'adolescenza che in seguito diventano mitiche attraverso il filtro del ricordo. Parlando proprio di adolescenza non può non risultare evidente il ricorso alla sineddoche da parte del regista nel momento in cui ambienta proprio nel 1963 l'affair tra i due giovani, visto che il periodo descritto in precedenza può essere a pieno diritto considerato l'equivalente dell'adolescenza umana per il Giappone moderno, una fase di transizione tra gli orrori dell'infanzia (Hiroshima e Nagasaki) e il benessere economico dell'età adulta.
In definita La collina dei papaveri riesce nell'ardua impresa di intrattenere e commuovere lo spettatore di ogni tipo senza rinunciare a una finezza intellettuale come l'accomunare la Storia (quella delle classi egemone, dei grandi avvenimenti politico-militari) alla storia delle persone comuni, attraverso la poesia del racconto, degli splendidi colori in ogni inquadratura e della colonna musica, vero gioiello di semplicità.
Piccolo satellite orbitante attorno al pianeta Cinema ma con la forte attrazione anche per le altre arti e in particolare per quelle che più segnano la nostra contemporaneità: fumetto, videogame ecc. Fondamentale per me è che chi scriva qui abbia assoluta cognizione di causa (io ad esempio possiedo una laurea triennale al DAMS e una magistrale in scienze dello spettacolo). Auguro buona lettura e buona riflessione a chiunque voglia fermarsi su questo sperduto satellite della settima arte.
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