Risale all'ormai 1993 (esattamente il mio anno di nascita, per intenderci) la prima e finora unica escursione negli States del maestro jugoslavo Emir Kusturica, arrivata nelle sale con il titolo Arizona Dream. Nonostante una gestazione travagliata e la limitatissima distribuzione, soprattutto negli USA, la pellicola ha ricevuto un'accoglienza calorosissima dalla critica mondiale, al punto da vincere il premio della giuria al Festival di Berlino.
Protagonista è il poco più che ventenne Axel (Johnny Depp), un giovane fuggito a New York, in seguito alla morte dei genitori, dove lavora al dipartimento per la pesca e la caccia, vista la sua passione per i pesci. Il ragazzo viene convinto dall'amico di sempre Paul (un irresistibile Vincent Gallo) a tornare a casa in occasione delle nozze dello zio Leo. Questi cerca di convincerlo a lavorare per lui nel proprio salone d'auto attraverso una settimana di prova, durante la quale Axel conosce due donne tutt'altro che comuni: Elaine, un'attraente vedova quarantenne, e la figliastra Grace, sempre intenzionata a suicidarsi. Tra la donna ormai matura e il protagonista scoppia un forte sentimento che li porta, contro tutto e tutti, a vivere insieme e a costruire un aereo per scappare in Alaska, la terra dei sogni del ragazzo.
Fin dalla prima immaginifica sequenza appare chiara la direzione che anche questa fatica statunitense di Kusturica perseguirà per tutta la sua durata: un susseguirsi di umorismo grottesco mescolato a momenti di grande intensità tragica, tutto filtrato attraverso l'apparente mancanza di logica tipica del sogno. Proprio come esplicitato dalla voce fuori campo di Johnny Depp i sogni sono al centro della pellicola, poiché non vi è altro modo veramente esaustivo per conoscere una persona se non attraverso ciò che sogna.
Come avrete notato dalla breve sinossi non vi sono molti eventi narrati, l'intera linea narrativa è una sorta di catena di piccoli momenti di apparente quotidianità resi straordinari dalla personalità dei personaggi messi in scena, intervallati a loro volta dai sogni a occhi aperti di Axel. Esemplare per fascinazione e pregnanza di significati la sequenza in cui si vede un pesce volare per le strade americane, una metafora di straordinaria potenza dello smarrimento di chi vive quella fase della vita a cavallo tra l'adolescenza e l'età adulta, quando l'individuo si trova a vagare in un oceano di possibili direzioni da seguire per potersi realizzare. Eppure, come dice spesso Grace, molti finiscono per prendere la via più odiata ma anche più semplice, il replicare la vita dei genitori. Ecco dunque scovato l'altro grande tema che scorre lungo tutto il lungometraggio: l'eterno dualismo genitori vs figli, il desiderio freudiano di uccidere i padri per crearsi una propria personalità e al contempo la rassegnazione nel non riuscire a uscire dall'ingombrante ombra di chi ci mette al mondo.
Simbolo di questi conflitti tra sogni irrealizzabili e la squallida realtà fattuale risulta per il cineasta europeo l'America, la terra dove tutto è possibile, la patria del grande cinema (per niente casuali le citazioni di Scorsese e Hitchcock) e delle Cadillac ma anche il luogo in cui un cittadino straniero scopre che tutte queste cose sono in realtà ombre, sabbia negli occhi che impedisce di vedere quanto dura sia la vita per l'uomo comune. In fondo chi di noi cinefili non riesce a provare una certa empatia per Paul? Privo di talento, in fondo al suo cuore conscio che un giorno dovrà trovare un lavoro vero, di quelli che fanno le persone umili, eppure imperterrito nell'inseguire il sogno di diventare un divo della settima arte, proprio come De Niro e Al Pacino.
In conclusione Arizona Dream può dirsi una riuscitissima trasposizione del cosiddetto realismo magico, tipico della letteratura sudamericana, nel mondo tutto concreto e idealista allo stesso tempo degli Stati Uniti, unicamente grazie alla sensibilità fuori dal comune di un cineasta europeo come Kusturica, amante nel bene e nel male di quel paese simbolo del cinema.
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