venerdì 24 febbraio 2017

THE STRANGERS: LA VIOLENZA PRIVA DI VOLTO, PRIVA DI RAGIONE

All'ormai lontano 2008 risale l'esordio da regista e sceneggiatore dell'americano Bryan Bertino, una new entry nell'ormai piuttosto affollato sottogenere horror detto home invasion intitolata The Strangers. A fronte di un budget piuttosto esiguo per gli standard statunitensi il film ottiene un ottimo successo commerciale, grazie al quale ottiene anche una distribuzione in Italia, pubblicizzata con forza a un anno di distanza. Nonostante un buon riscontro di pubblico anche in Europa a restare ben più fredda è la critica, soprattutto quella d'oltreoceano, concentrata soprattutto sulle somiglianze della trama con altri esponenti dello stesso genere (ad esempio quel Them diretto nel 2006 dai francesi David Moreau e Xavier Palud) più che sull'apporto stilistico del suo autore, il lato che più di ogni altro conta nel cinema definibile di genere.

Il lungometraggio si apre con un criptico incipit che soltanto alla fine si scoprirà essere un flashforward, al termine del quale vengono finalmente introdotta la coppia protagonista: James (Scott Speedman) e la sua ragazza Kristen (la mai deludente Liv Tyler). I due sono in piena crisi dopo che la donna ha rifiutato la proposta di matrimonio del compagno e si trovano a raggiungere la casa dei genitori di lui senza avere neanche la forza di guardarsi negli occhi. Durante un tentativo di riavvicinarsi bussa alla porta una ragazzina chiedendo di una certa Tamara. James le dice di aver sbagliato ma la misteriosa giovane si congeda con un inquietante "ci vediamo più tardi". Come preannunciato la ragazza busserà altre volte al portone della casa, venendo raggiunta da altri due personaggi mascherati con i quali trasforma la nottata, già molto negativa, dei protagonisti in un incubo.

Risulta evidente persino da una breve sinossi come la mia quanto The Strangers si affidi a molti degli elementi cardine del proprio genere di appartenenza come gli aggressori mascherati, la coppia interrotta durante l'intimità o la casa sperduta ma, come ho ribadito in altri post, in un prodotto fieramente di genere lo stile è ciò che lo contraddistingue e che ne determina la riuscita. Una delle scelte più personali di Bertino è quella di limitare più possibile i momenti di violenza grafica per concentrarsi sulla creazione di un clima di tensione, una operazione che lo porta a concentrarsi per almeno metà film sul burrascoso rapporto d'amore tra i personaggi principali e in seguito sul senso di pericolo in agguato nato dalle ripetute apparizioni della misteriosa ragazzina. A rendere davvero palpabile questo clima è proprio la regia del cineasta americano, il quale utilizza con intelligenza la steadycam per creare una lunga serie di false soggettive aventi l'effetto di aumentare la carica voyeristica della pellicola, così come in alcune riuscitissime inquadrature (si pensi alla prima apparizione dell'uomo mascherato) sfrutta la profondità di campo. Altrettanto fondamentale risulta l'apporto di un montaggio tutt'altro che banale, capace di creare momenti di grande qualità estetica (i sinistro incipit) ma anche di asciugare il racconto, eliminano ogni pericolo di prolissità e donandogli una naturalezza spesso sconosciuta agli horror a stelle e strisce. Indiscutibilmente affascinante, cosa che non si può dire di molte produzioni simili, si dimostra la fotografia, la quale esalta soprattutto il contrasto tra il buio della notte in una casa sperduta e i colori caldi dati da fonti di luce diegetiche così come da altri elementi di colore rosso, come ad esempio i petali sparsi da James.

Proprio i petali di rosa disseminati nella camera da letto dal protagonista per una sorpresa andata male introduce quello che a mio parere risulta essere il tema alla base dell'intero film: la violenza. Il rosso domina cromaticamente per tutta la sua durata e non a caso, dato essa è contraddistinta da episodi di violenza di natura diversa. Se l'assedio e la tortura, prima psicologica e poi fisica, inferta dalle figure mascherate si rivela la più palese non bisogna relegare in secondo piano quelle più subdole ma altrettanto dolorose messe in scena precedentemente. Questa diversa tipologia di violenza si potrebbe definire emotiva e può essere sintetizzata in quelle che si infliggono a vicenda James e Kristen, attacchi fatti di piccole meschinità che non fanno altro che incrinare il loro amore, come la scelta della donna di rifiutare la proposta per paure ingiustificate o la messa in discussione dell'intera relazione da parte del compagno. Nonostante la diversa origine e oggettivazione i due tipi di violenza appena espressi condividono la medesima mancanza di razionalità: così come gli aggressori negano in ogni modo un reale movente al loro comportamento (il"perché eravate in casa" diventa quanto mai eloquente) alla stessa stregua la coppia di innamorati si ferisce continuamente nella prima metà della pellicola ma senza un reale motivo razionale (esemplare la bugia sulle presunte battute di caccia), proprio come la paura, il sentimento più lontano dal raziocinio, spinge il giovane inesperto di armi a colpire fatalmente il suo migliore amico.

Cosa distingue allora in profondità il male inflitto fisicamente da quello inflitto al cuore? Il volto può farlo; infatti mentre sappiamo benissimo chi sia il soggetto dietro le ripicche tra i protagonisti nessuno sa chi ci sia realmente dietro le torture perpetrate. I tre villain utilizzano quasi sempre delle maschere tanto semplici quanto terrorizzanti ma a renderli davvero privi di identità è la macchina da presa di Bertino, la quale nega allo spettatore la visione delle loro facce persino quando le scoprono inquadrandone i piedi, allo stesso modo dell'ombra quando la più giovane del gruppo bussa per la prima volta alla porta delle future vittime.
Chiaramente il lungometraggio non ricerca una indagine sociologica stratificata quanto quella di Funny Games (Michael Haneke, 1997), eppure il ripetuto diniego di elementi empatici nei confronti degli assassini non può non far riflettere sulla banalità e l'irrazionalità del male.
Alla luce delle mie brevi riflessioni consiglio, soprattutto agli appassionati di horror, quanto meno un paio di visioni di The Strangers, un prodotto tutt'altro che esente da critiche ma altrettanto ben realizzato e interessante per essere un esordio assoluto per il proprio autore.

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